In molti affermano che Lyle Mays sia stato "metà" del futuro Pat metheny Group. In effetti ha offerto ad esso un contributo non indifferente risultando spesso co-compositore, arrangiatore e co-produttore degli album del PMG. Insomma, non c'è dubbio che il nostro Lyle sia un grande tastierista, specializzato in orchestrazioni, arrangiamenti e armonie.
Ma nel 1993 il musicista decide di dar vita a un progetto che affrontasse una delle forme d'arte più nobili, affascinanti e immortali in campo musicale: quella del tradizionale trio jazz per pianoforte . L'album si chiama "Fictionary" ed è prodotto dalla Geffen Records (è la sua terza registrazione per questa etichetta), il pianoforte di Lyle è accompagnato dal contrabbasso di Marc Johnson (esordio nel jazz a 19 anni col trio di Bill Evans) e da un "certo" Jack DeJohnette alla batteria. Tutti i brani sono composti da Mays eccetto "Falling Grace", scritto da Steve Swallow.
Il Cd si apre con "Bill Evans" una ballad rilassante e romantica che rende omaggio alla più vera e onesta ispirazione dello stile maysiano, si pensi che questo brano ha ricevuto la nomination per il Grammy Awards per la miglior composizione strumentale. Altri brani presenti nel lavoro come "Sienna" e "Where Are You From Today" costruiscono e sonstengono il sound su ritmi pacati e senza pretese. Eccellente "Something Left Unsaid" una ballad capace di cullare l'ascoltatore in un silenzio intimo e rassicurante. "Falling Grace", "Fictionary"e "Hard Eights" costituiscono forse i momenti più dinamici dell'album. Il primo è il pezzo di "Swallow": buono il dialogo fra Mays e DeJohnette che offre al brano la spinta giusta per consentire all'ascoltatore di godere di momenti topici interessanti. Deciso e straripante. La title track "Fictionary" presenta allo stesso modo un andamento non privo di freschezza, il tema è molto orecchiabile e scorrevole. Spensierato ma profondo. "Hard Eights" è al contario più accattivante e travolgente con un intro di sola batteria e un ottimo assolo di Johnson che precede il tema finale. Fraseggi alla Jarrett si consumano in "Lincoln Reviews His Notes", come ci si avvicina alle influenze free jazz di Paul Bley in "Trio#1" e "Trio#2" gli unici pezzi dell'album liberamente improvvisati. "On The Other Hand" è un piano solo in puro stile maysiano, romantico e cristallino, mai troppo invasivo, colmo di chiaro scuri, mette in evidenza le solide basi classiche del pianista.
In conclusione penso che "Fictionary", pur presentandoci un Lyle Mays "inedito", dimostri l'estrema preparazione e versatilità di un artista mai troppo glorificato, capace di rivisitare l'arte del trio rispolverando atmosfere e sonorità spesso dimenticate in un ampio immaginario musicale che, di questi tempi, tende sempre più a disperdersi e disorientarsi. Bravo Lyle
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