Capote

Truman Capote parlava incessantemente: si racconta che un giorno un ospite resistette per ore prima di rischiare il collasso. “Che scortese che sono” – se ne accorse Truman. “Non ho fatto nient’altro che parlarti di me, adesso tocca a te. Cosa pensi di me?”.
Dal 1984, anno in cui allietò il fegato con un ultimo brindisi, Truman Capote raggiunge lo scopo più difficile: parlare di sè anche una volta morto. Il racconto i suoi ultimi anni di vita: la stesura di “In Cold Blood”, il primo romanzo giornalistico della storia, basato sulla vicenda di due derelitti che passarono il pomeriggio tagliando gole. La loro condanna a morte sarebbe stata un efficace finale ma quando arrivò all’ultimo capitolo Capote stava ancora pregando per accorciare l’attesa: con un capitolo vuoto e il bicchiere pieno Truman attese sette anni che due uomini non gli sopravvivessero – un tempo che lo rese alcolizzato e quasi pazzo.
Philip Seymour Hoffman è un attore straordinario e “Capote” un film bellissimo, perchè quando Dio ti dona il talento lo accompagna con una frusta così che tu possa flagellarti.


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