Ali Farka Toure

Una strana coincidenza ha portato in home page un vecchio disco di Ali farka Toure e Ry Cooder due giorni dopo la scomparsa del musicista africano. Il testo è giunto agli editors il giorno prima che Ali Farka morisse. Conosco la musica di Toure da circa vent'anni e da tempo desideravo lasciare una pagina su DeBaser, per segnalarla all’ascolto dei DePassanti.Ho sentito un gelo che non posso descrivere. Voglio pensare che si tratti di una delle piccole magie, per noi incomprensibili, ma assolutamente naturali per la sua cultura.
"Dei primi 10 figli avuti dai suoi genitori Ali è stato l'unico a sopravvivere. "Per questo mi hanno chiamato Farka (asino). Perché gli spiriti si lasciano ingannare dal nome e invece di prendere il bambino si preoccupano dell'animale". "Quando in occidente si cominciò a dire che la musica di Ali Farka Toure aveva saputo creare un ponte con il blues americano, lui la prese come un'offesa per l'Africa intera. Mi dice che in Mali il blues non è altro che la marca di un sapone con cui si lava la biancheria. "Quello che voi chiamate blues per me è sonhai, tanghana, tradizioni musicali del mio paese". E di questa musica ci tiene a rivendicare le origini: "Se John Lee Hooker è i rami e le foglie, io sono le radici e il tronco. Il blues è la musica che l'America ha fatto propria senza riconoscere il suo debito verso l'Africa". "In Mali Ali Farka Toure è considerato un'icona vivente. A Nyafunké tutto il villaggio gli ruota intorno, e quando qualcuno ha bisogno di risolvere un problema si presenta alla sua porta di giudice di pace. Un carisma di cui pochi possono godere e che potrebbe facilmente incoraggiare ambizioni di potere.Ma quando gli chiedo se prevede di entrare in politica risponde che fa arte con la musica, non con la menzogna. Per lui la politica del suo paese è tutto ciò che c'è di più lontano dalla gente che lavora e lotta per sopravvivere. Per questo Ali è impegnato da anni "a fianco" e non solo "per" la gente che vive a Nyafunké. Raccoglie farmaci per l'ospedale locale, fa pressione perché il fondale del Niger venga dragato e ripulito, e promuove forme di turismo sostenibile. Ma soprattutto cerca di contrastare l'esodo rurale. "Per la mia gente coltivare è indispensabile. Ancora oggi c'è chi non ha di che mangiare. E quando si soffre la fame non si possono nutrire ambizioni. Si può solo pensare a come riempire lo stomaco".

L'intervista completa, del 2001, si può leggere a: http://www.volontariperlosviluppo.it/2001_2/01_2_15.htm


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