Scadenze.

Pare che da qualche parte del globo esista un bel papiro su cui qualcuno si è preso la briga di scrivere i giorni e i mesi di scadenza della maggior parte degli oggetti e delle manifestazioni esistenti: c'è un giorno a partire dal quale vivi più nel cesso di casa che in quello pubblico, un giorno a partire dal quale non hanno più senso le collezioni di figurine dei calciatori Panini, un giorno a partire dal quale, non si sa né perché né per come, i panettoni non si possono mangiare più. A quattro mesi dalla ronda natalizia uvette e canditi vanno a fottersi tutti quanti: il 30 aprile è il giorno della scadenza. In fondo chi se ne frega: i panettoni li acquisti a dicembre, li vomiti a gennaio, li dimentichi a febbraio, cosicché il problema del "da consumarsi preferibilmente entro" non si pone né ora né mai; a marzo arrivano i volatili pasquali e siamo tutti felici e contenti.

Ora il problema è che il mio vecchio amico Leonardo, uno simpatico davvero, mi diceva sempre che certi vestiti non si sgretolano mai anche se li indossi a lustri di distanza: a fregarti è l'indifferenza, semmai. Così, a più di cento giorni dal veglione mi metto in testa di cercare in ogni dove un residuo di panettone: sulle bancherelle, nei supermercati, negli ingrossi; non c'è nulla da fare, nessuna traccia. Aprile si è portato via dolci natalizi e psicosi da botulismo. Ok, va bene così, quest'anno rimango a bocca asciutta come un deficiente, mi sta bene. Ma ho un asso nella manica: io il prossimo anno non mi faccio fregare. No, no, io il prossimo dicembre prendo una fetta di 'sto caspita di panettone e me la metto da parte sino al 30 aprile, e a quel punto saranno cazzi: la mangerò alla faccia dei contabili e dei notai. Perché secondo me Leonardo aveva ragione: le cose buone col tempo non possono deteriorarsi. Si rinnovano, si trasformano, rivivono tuttalpiù. Ma non si deteriorano.


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