Un amarcord postmoderno e particolare

Pensavo a quando gironzolava per le deserte edicole deglianniottanta la mitica e impeccabile nel suo stile “rivista maivista” o, molto più verosimilmente, Frigidaire con il suo borgomastro d'eccezione, Andrea Pazienza. Divento immediatamente una romantica nostalgica. Una bella roba davvero in mezzo a tanti corpuscoli cartacei fac-simil alternativi piùcchemaiadestra o piùcchemaiasinistra. E adesso quella madonna di situazione non è cambiata affatto, vista l'eutanasia editoriale (l'erotismo per camionisti, le rivistucole da vasca da bagno, i giornali che ti danno il mutandone di lana omaggio e tutte quelle allegre puttanate; insomma, più che alla frutta, direi che siamo all'ammazzacaffè, anzi al conto peraltro pagato alla romana) mista a servilismo che c'è in giro, perciò mi viene da dire: “Più Frigidaire pì tutti!”. C'erano le vignette lattiginose e catodiche della Suor Dentona e Ranxerox, i versi rocamboleschi di “Alamm'echite'mmurt!”, c'erano i sogni alcolici di Zanardi, e c'era lo scazzo a sprazzi della Bologna post settantasette, il ritagliarsi i propri spazi per sognare un Kreuzberg punk e teutonico, dituttounpò. Alla fine Pazienza se n'era andato lisergico in un posto chiamato “Leggenda” sulla sua motocicletta con in testa pensieri di Bruce Lee e desideri di maivismo, ispirandosi a un John Lydon troppo autoreferenziale che lascia i Pistols e trasloca nei PIL il trentadue dicembre. Ma tutto questo è storia di chissàquando, un estremismo in polaroid che mai ho vissuto, ma solo immaginato, come un adolescente nei suoi sogni umidi ed efebici, perché quando Frigidaire “modello Paz” abbassò le saracinesche io avevo ancora la bocca sporca di latte e bisquits. O ero anch'io maivista.


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