Le corporazioni nel cinema (1) - L'ultima tentazione del Reverendo

"Se hai la sventura di essere un regista politicamente impegnato e ti viene in mente di sfidare le multinazionali, il potere corporativo, l'alleanza indomita degli interessi finanziari, il gigantesco e corrotto complesso militare-industriale americano, o persino un sistema religioso vecchio di duemila anni e i suoi rappresentanti pieni d'oro sulla terra, il primo investimento che ti sarà necessario è un'armatura di metallo". (John Patterson, "The Guide")
Ci ho pensato trent'anni e sono arrivato alla conclusione che nulla al mondo è più aberrante della destra religiosa - quasi nazista - americana (ma come mi vengono, queste idee?). Pochi sanno, ad esempio, che uomini come il Reverendo Donald Wildmon, orgoglio degli stagnanti cromosomi del popolo di Tupelo, Mississipi, ma più in generale dei retrogradi Stati del Sud, dell'ingerenza ne ha fatta ragione di vita e di morte (ma come gli vengono, queste idee?). Wildmon e la sua spaventosa Associazione delle famiglie americane, che all'uscita del "The Last Temptation of Christ" di Scorsese riunirono diecimila persone per invadere la MCA/Universal, al grido di "Cristo salvatore e redentore". Niente in confronto ai seguaci della "Crociata di Cristo" (ma come gli vengono, questi nomi?), che addirittura si offrirono di comprare tutte le copie per farne un rogo.
La Chiesa cattolica divenne invece isterica all'uscita di "The Da Vinci Code", che seppure parecchio inguardabile osava porre dubbi sull'attività nefasta dell'Opus Dei, corporazione (questa sì nazista) del Vaticano. Mentre il film veniva aspramente condannato dall'Arcivescovo Amato, segretario della "Congregazione per le dottrine e la fede" (generalmente conosciuta come "The Inquisition"), e la Conferenza episcopale americana gridava allo scandalo e all'aberrazione, l'Opus Dei decise stranamente di tacere (ma come gli vengono, questi atteggiamenti di vergogna?).
Ad ogni modo, l'Organizzazione internazionale per la difesa degli albini ebbe parecchio da lamentarsi per come veniva trattata la figura dell'albino, che nel film aveva la parte dell'assassino, suggerendo di fatto come nel film mancasse del tutto il canuto e pericolosissimo maggiordomo.
Di queste storie ne è piena la storia del cinema (e dell'umanità), e farne un riassunto praticamente impossibile; e ne sono pieni i nostri coglioni, e praticamente impossibile non tanto come riescano a martellarli da duemila anni senza stancarsi, quanto piuttosto come ancora non mi siano esplosi.


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