L'evoluzione della specie - Dalla Rivoluzione al nascente Partito Democratico
Quando si era giovani e la primavera fioriva tutt'intorno, per una strana congiuntura del destino al mio paese eravamo tutti pieni di speranza ma disoccupati, così per dispetto andammo a votare il Partito Socialista Rivoluzionario.
Ci riunivamo attraverso seghe interminabili, a metà delle quali un combattente per la liberazione della Kamcatcha si alzava e lamentava che avevamo scavato trincea troppo a destra, s'era già rotto il cazzo di essere solidale nel soggiorno, così scendevamo in strada per trovare eccitazione. Il paese dove sono nato si evolveva di continuo e sui muri ci lasciavano le indicazioni per il futuro. "È a destra!" - urlava Pino Rauti - e mi avrebbe preso volentieri a manganellate, anche perché alla sua destra c'era il poster dei Disoccupati Organizzati, una lobby magari pure disoccupata ma potentissima (si erano già prenotati i posti nel comune per il 2010: erano occupate pure le scale e in corridoio non ci volevano stare), allora mi iscrissi ad un sindacato antimafia. (Ad ogni modo se entri in città e vai a destra ci trovi la discarica della monnezza.)
Quando mi diplomai nel quartiere fecero fuori una famiglia intera: sopravvisse solo una fanciulla, ma dopo che ebbe incontrato il truce destino come in tutte le belle favole decisi di salvare una vita: non appena ebbe modo di aprire l'unico occhio rimasto me ne ero già andato da un pezzo. Chiamai i camorristi e comunicai loro la notizia che diventavo anarchico. (Ad ogni modo all'Università ci facevano studiare le soluzioni politiche ai conflitti e allora ci spesi tutta la vita.)
L'anarchia non mi portò ricchezza e decisi di dedicarmi alla felicità degli altri: divenni comunista. Adesso mi domando se sia ancora vivo e sembro invecchiato di cent'anni dai giorni rivoluzionari, "Madre!" - le dico - "Ho cercato me stesso eppure non ho trovato niente". Nemmeno sconfitto sono riuscito a diventare, nè vincitore nè sconfitto, e ora che ho smesso di combattere (persino la Kamcatcha può andare a farsi fottere) come loro mi hanno insegnato, mi sono convinto di aver sofferto il fallimento poichè ho vissuto socialista ma poco democratico. Mi sono convinto che erano necessari politici dalla faccia spaventosa, e obbligato ad essere moderno per non sentirmi solo, come la bestia del sottosuolo di Dostoevskij, con la maligna consolazione che solo l'idiota ha ragione, mentre il disperato ha sempre un buon motivo per cambiare se stesso. Mi sono seduto coi compagni sulle poltrone di pelle morta, in mezzo a bellissime storie sul futuro, a metà delle quali uno stronzo si alzava e diceva che ci stavamo masturbando troppo a sinistra, s'era già rotto il cazzo di essere democratico nell'ufficio, così per scappare mi rifugiavo di nascosto nel pensatoio del rivoluzionario, che quello dei disabili era sempre occupato; quando poi il pensiero finiva, una sola, angosciosa domanda mi restava: era il socialismo una merda o questo cesso troppo democratico?
Madre! Non voglio più combattere per nessun motivo; voglio diventare quello che dicono, anche se non mi convincono; confluisco al centro, abbraccio i cattolici, parlo moderato, anche se non so di che parlano; sarò quello che vogliono: democratico, tecnologico, purchè non sia più solo; ma ti prego madre, promettimi una cosa: quando morirò, e la gente correrà a vedermi, seppelliscimi almeno con una mutanda rossa.