MySpace

Territorio esclusivo per musicisti e modelli dal suono semi-improponibile e dal look (pardon my french) simil-rincoglionito, MySpace è diventata comunità essenzialmente inutile.
I simil-rincoglioniti (all'occorrenza definibili con grande libertà di scelta) al suono della sveglia di un qualsiasi giorno della loro vita scoprono di essere particolarmente belli, auto-commiserazione che è diretta conseguenza del vuoto dettato dai ritmi moderni e destinata a durare lo spazio di un paio di settimane, giusto in tempo per realizzare che è un bruttissimo mondo quello che ci tocca vivere: questo non toglie che abbiano il tempo di mandarmi duemilacinquecentosette richieste di diventare amico del modello – quest'ultime inviate sempre a ritmo moderno, cioè impossibili da accettare.
I musicisti, insieme per un lasso di tempo che va dal mattino alla sera (dunque un'aspettativa di vita inferiore ai modelli) aggiornano le loro canzoni stile "Mi sono appena svegliato molto indie con una melodia e un male in testa e l'urgente necessità di farlo sapere a questo mondo di merda", prima di mandarmi duemilaquattrocentododici richieste di diventare amico degli Hanson che incontrano gli AC/DC, cioè la cosa peggiore di questo mondo.
La verità è che i milioni di modelli e musicisti di MySpace, nonostante si impegnino nelle loro avventure mozzafiato e a farmelo sapere senza vergogna, si dimenano su un palcoscenico senza pubblico per dimostrarmi che:
1) non mi si può rimproverare l'utilizzo di francesismi e insulti;
2) una vita è teoricamente miserabile ma il tutto diventa reale in mancanza di amici;
3) le band americane e (soprattutto) inglesi hanno intrapreso una direzione completamente sbagliata, e sarebbe il caso di suggerire loro una sterzata prima di essere inondati da una valanga di bonazze e bonazzi pieni di amici ma nessuna prospettiva, o tutto quello che ci toccherà ascoltare da qui alla fine delle nostre miserabili giornate (e cioè da qui all'eternità) sarà qualcosa che ha un aspetto a metà strada tra il ghigno di Billy Idol e la prospettiva di vita di Pete Doherty.
Una vita – questa sì – veramente miserabile.


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