La vita è come un film

Nel quartiere di Mitcham, sud di Londra, mi sveglio al rumore di una pioggerellina sottile, poco prima che la mia telecamera virtuale riprenda una fila di case vittoriane piene di fiori e di fumo dei caminetti. A questo punto, con l'entrata in scena di un cane infreddolito, il 90% degli spettatori è pronto ad abbandonare questa stronzata di vita: il mio sceneggiatore si sposta allora nel giardino di uomo nero appena trafitto da una spada di samurai di una ragazza di 14 anni, poco prima che gli spettatori rientrassero di corsa in sala. Il regista che mi ha abbandonato può partecipare con una sfumatura che alluda ad alcuni degli aspetti creativi della violenza, con particolare interesse al risultato dell'allestimento scenico dello spettacolo (il degrado del portafogli e quindi spirituale) o un tocco epico (la partecipazione all'azione di qualche parente stretto).
In città i principianti sono benvenuti alle lezioni del sabato sera tenute da un italiano di nome Marcello Zizzari (al civico 2 di Parkhurst Road), che insegna secondo la tradizione pura giapponese tramandata ai napoletani. Una lezione costa cinque sterline: se non sei tanto bravo non arrivi a trafiggere con meno di 40 sterline, una specie di abbonamento mensile per samurai incapaci, rielaborazione in chiave cinematografica di un soggetto abbondantemente esposto in gran parte della produzione letteraria, teatrale, musicale o all'occorrenza (come nel nostro caso) nel mio mondo reale.
Uno spettatore è sempre attirato dai film "ispirati a una storia vera" o alle storie vere ispirate dai film, sebbene non ne riconosca la differenza e sebbene nessuno creda più ad entrambe le soluzioni, così non cambia strada impaurito e compra il biglietto dell'esistenza o della sua rappresentazione distorta. Ma la differenza c'è: la gente che ha denaro da spendere si aspetta in un film così tanti colpi di scena che pure il cane infreddolito comincia a fare equilibrismo: quando esci dalla sala l'unico dubbio che ti rimane è perchè mai abbiano sperato che si comportasse in questo modo, quando nella vita era solo infreddolito. Si sentono in dovere di meritarsi qualsiasi cosa soprattutto se la loro esistenza non produce nessun effetto speciale: assistono passivamente tutte le volte a un veloce approccio definitivo alla fine del sogno americano o di quello occidentale (a seconda di quale sia nato prima); ad un ultimo uomo che resiste nel nome della giustizia o dell'onore contro un mondo bello dentro ma bastardo fuori; alla sofferenza degli essere gentili nelle inculate della vita; alla tentazione, la sopravvivenza e il sacrificio (tutte insieme); alla passione e, se l'attrice è bona, un tocco di amore duraturo o di speranza nell'oscurità.
Il mio regista sa che non ci credo più alla commedia amara della violenza dei miei giorni, e nel quartiere di Mitcham questo personaggio entrato nell'immaginario collettivo può essere ripreso e sviluppato ulteriormente per vendere l'anima al demone degli incassi ma anche per fregare in modo originale il mio tempo, dotandolo della spada antica di un moderno samurai italiano e dell'ispirazione da una storia vera.
Perchè la mia vita - come la vostra - è come un film: l'unica possibilità di sperimentare non è sull'assassino, ma sul modo con cui ti accoppa.


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