L'accademico
A me l'accademia fa schifo.
Mi fa schifo quando, durante i convegni, mi aggiungo al buffet nel bar più chic della città perché vengo a sapere che era stato organizzato per cinquanta persone ma ce ne sono solo venti; allora mi abbuffo di tartine al salmone e dribblo gli sguardi inquisitori dei Decani che mi hanno riconosciuto quale volgare infiltrato, il pesce spazzino dell’acquario. Anche i camerieri, allora, mi servono con maleducazione.
Mi fa schifo quando vedo che si organizzano concorsi ad personam e che persino i futuri perdenti fingono di non sapere che perderanno, perché sanno bene che se non stanno al gioco la prossima volta non toccherà a loro; allora gli chiedo: "Ma perché fai finta di sperarci?". Anche i segretari, allora, non mi salutano la mattina.
Mi fa schifo quando consegno un articolo al mio professore e lui lo consegna alla rivista di cui è redattore e la rivista di cui è redattore dopo tre mesi mi spedisce le bozze e dopo cinque mesi il nuovo numero con il mio articolo; agli amici che mi fanno i complimenti per il prestigio della rivista rispondo: "Ma che cazzo mi fate i complimenti? Avessi consegnato una fotocopia del mio scroto l'avrebbero pubblicata lo stesso". Anche i novizi, allora, parlano male di me.
Mi fa schifo quando tutti parlano male della protetta del direttore e dicono che è lì solo perché è figa, ma poi le fanno i complimenti per l’eccellente intervento a margine del seminario collaterale al convegno; allora gli chiedo: "Ma perché le fate i complimenti se ne pensate male? Non potreste quanto meno tacere?". Anche i miei amici, allora, mi mandano affanculo.
Tra un po' i miei amici si contenderanno con me l’unico posto da ricercatore. Vincerà il più vicino al direttore, il più caro a sua moglie. Per i corridoi si fa già il mio nome.