Pasqua

"... sonitu venit, et ruere omnia visa repente" (Virgilio, Eneide)

L'uncinetto è una manifattura antichissima praticata ovunque nel mondo. Nel XVI secolo le più fini artigiane dell'arte di intrecciare un filo con un bastoncino incurvato erano le suore italiane, note a papi e re per sopraffine opere frutto di laboriosa e silente costanza.

Quando da ragazzina ero in collegio dalle suore, l'unico momento in cui si poteva ascoltare la radio era durante due ore settimanali di lavoro a maglia e uncinetto. Quest'ultimo dava risultati più immediati: centrini per la tavola o poggiatesta per poltrone, oppure i classici quadretti d'assemblare in un copriletto multicolore.

Chissà a che cosa lavorava la signora di Tempera pressoché centenaria che hanno estratto viva dalle macerie... Aveva con sé un uncinetto e un gomitolo. Da trasformare in un centrino nuovo per una poltrona ormai distrutta? In fondo non importa cosa. Importa come. Il mondo crollato attorno, i muri polverizzati addosso, la terra sciolta sotto i piedi che trema ancora e ancora e ancora. Uncinetto. Tra le dita nodose di una vecchia tutta d'un pezzo, in ogni sua ruga incisi terremoti già vissuti. Fiducia, attesa, pazienza, costanza, un gomitolo che scorre nel silenzio roboante. Trenta ore. Poi voci lontane come una radio. I soccorsi.

Non so il nome di questa meravigliosa e coraggiosa donna che è l'Abruzzo tutto. Non importa. Oggi si chiama Pasqua.


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