
L'anti-uomo
Quasi le 5 del mattino.
Un bicchiere di vino, una sigaretta poco gradita ai polmoni, e segni di un'insonnia cronica e sofferta.
Guardo un film del '72, mentre qui accanto a me giace una rivista di "cultura generale", trastullo per casalinghe turbate: qualche pagina di moda, qualche dossier su viaggi di tendenza, qualche ricetta lampo (l'ultima arte, quella culinaria, anch'essa sta lasciando spazio alla mediocrità insolente del "produrre anche quando si è inetti"), e tanta, tanta carta lucida e sporca di parole disoneste.
Guardo il film.
Le donne erano belle: occhi profondi e sinceri (quella profondità che costringe la mediocrità ad adeguarsi o a eclissarsi), occhiaie lievi o pronunciate, gambe sottili o tornite. Belle.
Guardo la rivista, e vedo zigomi alti e grotteschi, sguardi imposti e spenti, energie negative e odore d’inchiostro sprecato.
Le donne erano belle, ora sono maschere. Le donne erano brutte, ora sono maschere ritoccate.
Il mondo era bello e lo si apprezzava. Il mondo è bello e lo si deride.
Il mondo è marcio, e si vive bene o si piange. Si piange per dimenticare. Si piange per secernere fino all'ultima lacrima accumulata; svuotarsi, fare finta di niente e ricominciare da zero. Ogni giorno.
Gli occhi belli erano belli anche con occhiaie. Anzi, forse lo erano di più.
Un abito era bello anche se fuori moda, e una melodia era bella anche se non l'ascoltavi in discoteca o in qualche festino da "centro sociale" dei nostri giorni (che fa lo stesso).
Danno la pubblicità, ora. L'ennesima "diavoleria" informatica: uno strumento che regala il mondo a chi del mondo non sa che farsene. L'ennesimo invito a dimenticare, a versare lacrime catartiche e a ripartire da capo.
Ma non ce n'è bisogno.
Ho visto donne e uomini cambiare anima davanti a una digitale e dimenticare.
"In ogni nazione ci sono delle persone buone che pensano a come far stare bene la gente normale che lavora". In ogni nazione c'è chi pensa a farti stare bene e a farti dimenticare. Ora che hai dimenticato, ora che hai formattato la memoria, devi metterci su solo un bel lucchetto e buttare via la chiave.
Viviamo tra donne di plastica (e all'interno non hanno aria ma sangue, ossa e cartilagine), viviamo in piazze virtuali dove anche balbuzienti e relitti umani trovano la propria rivalsa. Viviamo tra chi pensa a che foto scatterà il giorno dopo.
Non sto speculando sulla nostalgia e su valori anacronistici. Non me ne frega un cazzo. Ho solo paura di non poter più toccare, parlare, fare l'amore con UOMINI, e non con "profili"; ho paura di piangere anche io per dimenticare e di vivere per veder vivere. Ho paura di non riuscire più a capire che in fin dei conti il divertimento è solo una foto scattata in una serata dove tutti sono debosciati che ondeggiano per inerzia e che cambiano fulmineamente espressione di fronte l’obiettivo.
Cerco la coerenza, la correttezza, la bellezza, la natura. Cerco occhiaie e rughe marcate.
Ma sto qui a spiegarvelo su internet...