Blackout (the Black Eyed Dog)

“Non ce la faccio più” e reclinando il capo cercava di nascondere le lacrime, inutilmente.
Non un sussulto in tutto il corpo, solo un flebile sospiro emesso con sofferta rassegnazione.
Una discesa buia. Un viaggio sconosciuto e spaventoso.
E loro, durante quei giorni, non poterono che starlo a guardare ed osservare il suo lucido, incosciente malessere prendere possesso di lui e della sua mente, metodicamente e in maniera umiliante.
Pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno, apparentemente senza motivo.
Qualcosa s’era spezzato nei suoi pensieri insicuri di essere umano, di essere fragile, e l'integrità del suo io non sapeva più avere il sopravvento.

Fu un lungo tunnel da percorrere insieme, tentennando certo, ma cercando il modo di non perderlo e che non si perdesse. Col tempo, un lungo interminabile tempo, ritrovarono la fiducia nei suoi occhi, guardandolo, studiandolo, scoprendolo quasi immemore di quel lontano crollo improvviso, ma si sa, la mente può questo ed altro e come crea distrugge, senza testimoni e senza rispetto per niente e per nessuno. Tabula rasa.
Le sue giornate da allora in poi furono molto più libere e leggere, trascorsero lievi così come i rinnovati pensieri che con serenità esponeva loro. Nuovamente.

Ma quando restano soli, al buio, avvolti dal silenzio, a pensare, ecco che di nuovo la sua immagine sconfitta rimbalza da un lato all’altro delle loro menti schiantandosi là dove cominciano i pensieri, che non sono più gli stessi.
E rimangono soli, ognuno in silenzio e carichi di tristezza, carichi di incertezze e dubbi, a bersi la vita, a cercare di comporre il mosaico incompleto che fino ad oggi hanno vissuto, aspettando, mentre brividi di tensione percorrono le loro schiene chiudendo loro la gola.

A pugni stretti rivedono il suo aspetto, ritrovandosi così, madidi di sudore freddo e di paura.


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