Il patriota Cesare Battisti

Singolare figura quella di Cesare Battisti, l’irredentista italiano originario del Trentino il quale, disertando la chiamata alle armi dell’Austria asburgica, fini impiccato come traditore. Chissà se fu dichiarato anche terrorista. Le cronache del tempo non lo rivelano, ma almeno all’epoca il termine non era inflazionato come oggi.

Varrebbe la pena approfondire anche le vicende dell’altro Battisti, quello in salsa carioca, ma non è questa la sede, e poi è stato versato già abbastanza inchiostro a (s)proposito.

Piuttosto, ci si è chiesto come mai numerosi paesi (non c’è solo Brasile e Francia) giudicano il sistema giudiziario italiano incapace di obiettività e di offrire equo trattamento agli imputati, in particolare quando le vicende riguardano la storia della lotta armata del nostro recente passato, al punto di schierarsi dalla parte di un personaggio quantomeno imbarazzante come Cesare Battisti?

E’ forse il caso di cominciare finalmente ad interrogarsi sull'ingarbugliata e discutibile storia giudiziaria di quegli anni. Giusto due elementi, tanto per delineare il quadro:
In Italia, oltre trent’anni fa, è proliferata tutta una legislazione di emergenza ben poco consona ad uno Stato che voglia credersi civile (anche considerando il particolare momento sociale), legislazione che, per il ben noto principio della “eternità del provvisorio” è tuttora (parzialmente, ma non poi tanto) in vigore.
Oppure, pensiamo a quell'aberrazione giuridica passata alla storia come "processo 7 Aprile" o “teorema Calogero”, che ha messo in galera un’intera generazione?
A dispetto degli esiti, ancora oggi (anzi, soprattutto oggi), il suo impianto teorico viene ampiamente lodato dalla maggior parte del mondo politico, e dopo trent’anni di silenzio lo stesso giudice Calogero si autoincensa e sostiene “avevo ragione io!" senza che nessuno lo seppellisca sotto una manica di pernacchi (maschile, come si dice a Napoli).

Ma sono passate ere geologiche, direte.

Già, ma non è proprio l’Italia di oggi ad essere denunciata dal suo stesso Governo come un paese illiberale dove il potere giudiziario è politicizzato al punto tale da configurare una dittatura?
E poco importa che questa magistratura sia dipinta come “di sinistra”, perché la sinistra ufficiale in Italia è sempre stata il peggior nemico delle organizzazioni lottarmatiste, molto più della DC. Ed in ogni caso, un potere giudiziario rappresentato come lobby ideologizzata è per definizione inattendibile, a prescindere dalla caratterizzazione politica.

Bene, adesso spostiamoci in Brasile: un paese emergente, che per chiari motivi non ha subìto, come l’Italia, quella transizione che, partendo dalla concezione dei blocchi contrapposti, giunge all’attuale pot-pourri ideologico, alla marmellata politica.
Un paese dove certi argomenti pre-1994 o addirittura pre-1989 fanno ancora presa, anche a livello istituzionale, mentre in Italia mostrano di crederci solo Emilio Fede e donna Letizia Moratti Serbelloni Viendalmare.

Ecco, adesso proviamo ad osservare il quadretto italiano, quello delle leggi di emergenza, del 7 Aprile, della magistratura-dittatura, attraverso le lenti di un Brasile che negli ultimi anni ha costruito e trovato un riferimento nell’asse politico Lula-Chavez (si, anche questa è una semplificazione).

E’ un po’ più comprensibile, adesso, come mai non ce lo mollano, oppure devo fare uno schizzo?


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