Shakespeare e la marijuana

Come se non ci fosse altro da fare sul pianeta, uno studioso, tale professore Francis Thackeray, direttore dell'Istituto di antropologia dell'università di Johannesburg, South Africa, ha richiesto in questi giorni la riesumazione delle spoglie di William Shakespeare per analizzarne le ossa. Non è la prima volta che si aprono tombe con l'intenzione di studiare i resti di personaggi storici del passato, però questa volta la motivazione che spinge l'antropologo è piuttosto originale: ritiene che Shakespeare si facesse le canne.
Ovviamente non è l'unica ragione, la principale sarebbe di appurare di che cosa sia morto esattamente il Bardo. Si presume sia appunto a causa del tabagismo e derivati.

Nella storia della letteratura è risaputo di autori dediti ai paradisi artificiali e/o all'alcool. Tuttavia quest'idea di Shakespeare spipazzatore di ganja è piuttosto sconcertante per i benpensanti d'oggi, soprattutto britannici; pensate che direbbero quelli italiani se si attribuisse a Dante un "vizietto" simile… Comunque sia, gli studiosi sudafricani si sono fissati su questo sospetto, basandosi su alcuni indizi.

Nell'Inghilterra della seconda metà del Cinquecento fumare marijuana non era vietato, anche perché era una pratica raramente adottata considerando che era l'oppio la sostanza stupefacente più quotata; ma non solo, a quei tempi la canapa non era coltivata per fumarla, visto che quella che cresceva nelle nostre campagne aveva un bassissimo tenore di sostanza attiva (thc), bensì per trasformarla in tessuto, carta, alimenti per animali e produzione di oli. Furono gli africani ed indiani emigrati nel Millecinquecento in Occidente dalle colonie ad importare canapa indica (quella con più concentrazione di thc), farne scoprire l'uso stupefacente e la conversione in hascisch. Comunque fino all'Ottocento la canapa da fumare rimase una pratica pochissimo diffusa, fu infatti in seguito alla spedizione di Napoleone in Egitto che iniziò in Europa l'interesse per questa pianta. Così i primi medici cominciarono a studiarne gli effetti stupefacenti e le proprietà: un italiano, Carlo Erba - un nome una garanzia - isolò il principio attivo della canapa nella sua farmacia in via Fiori Oscuri - era proprio destino- a Brera, nel 1849. In seguito il principio attivo fu commercializzato per curare certe patologie, i reumatismi, la gotta, l'inappetenza, le convulsioni, nonché quelle psichiatriche, dunque la curiosità nell'utilizzo stupefacente della canapa crebbe tra la gente, soprattutto nell'ambiente artistico. Famosissimo dell'epoca è "The Hashish Club", fondato da Theophile Gautier e che includeva Alexander Dumas, Victor Hugo, Honore de Balzac, Charles Baudelaire, Eugene Delacroix, eccetera… La ragione per cui nel Novecento poi la canapa fu resa illegale nel Occidente è storia che conosciamo tutti.

"Why write I still all one, ever the same/ And keep invention in a noted weed/ That every word doth almost tell my name/ Showing their birth, and where they did proceed?" (William Shakespeare - Sonnet 76)

Per quanto riguarda Shakespeare, alcuni accenni criptici rilevati nei suoi scritti (ad esempio il riferimento ad una "erba" che potete leggere nell'estratto sopraindicato), e il ritrovamento di qualche pipa nel giardino dell'abitazione storica dello scrittore, nelle quali si son rinvenuti resti microscopici d'erba e cocaina (pare la masticasse) scientificamente datati alla sua epoca, paiono abbastanza importanti da attribuirgli l'abitudine dell'uso di stupefacenti.
Con l'apertura della tomba e l'analisi delle ossa si potrà averne (finalmente?) la certezza, sempre che la Chiesa d'Inghilterra (quindi la Regina che ne è il "Papa") dia il permesso di "profanare" il sepolcro, e sempre che l'antropologo e i suoi sodali non si facciano suggestionare dai versi che il Genio diede ordine d'incidere sulla sua pietra tombale: “Blessed be the man that spares these stones. And cursed be he who moves my bones.

E' un'idea romantica, diciamocelo, cioè immaginare Shakespeare "stoned" con la pipa farcita e fumante in bocca mentre passeggia nel suo bel giardino inglese fantasticando un passaggio saliente della faida Montecchi versus Capuleti oppure quella famosa questione dell'Hamlet… E' affascinante pure l'idea che fosse così eccentrico nell'utilizzare sostanze che nemmeno i fantomatici medici-guaritori del tempo conoscevano. Doveva avere dei pusher molto speciali, il William... Insomma, fosse vera questa peculiarità, stravagante per la sua epoca, me lo farebbe più simpaticamente umano.

Perché vi racconto questa curiosità di cui parlano tutti i giornali? Probabilmente siete venuti a conoscenza del fatto che la Global Commission on Drug Policy - organismo composto da grandi nomi internazionali, dalla politica alla cultura - ha recentemente lanciato la raccolta di firme per una petizione da presentare all'ONU che chiederà agli Stati di rivedere le politiche di contrasto al traffico criminale delle droghe illegali. Ossia, detto in soldoni, di progettare e sviluppare delle soluzioni alternative al proibizionismo, ad esempio la legalizzazione commerciale delle cosiddette droghe leggere con l'intento di gambizzare le mafie che le trafficano. Ho seri dubbi riguardo questa proposta, ma eventualmente li esporrei tra i commenti a questo scritto.

Non riesco però a trattenermi dal chiedermi che ne penserebbe Shakespeare, fosse vivo oggi, di questa "pensata" rivoluzionaria… sarebbe d'accordo sulla legalizzazione della canapa, o vorrebbe mantenere il suo "vizio" segreto agli occhi del mondo?

Secondo me è valida la seconda. Non aprite quella tomba.


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