Brufoli e buchi neri

Si era tutti in fila, pronti per essere giudicati. Remissivi e docili non si pensava ad altro che al proprio turno; certo, si sapeva che non tutti saremmo stati idonei. Io, per conto mio, pensavo ad un mare limpido. Colori saturi e morbidi: l’azzurro di un flutto, una spiaggia dorata, bagnanti con cappelli di pagliuzze e costumi rossi. Mi ritrovavo invece immerso nel grigiore, e non era facile accettare di non essere uno dei protagonisti della mia fantasticheria. La realtà era costituita da colori sgualciti, l’autorità era una cultura austera e auto compiacente; anche un poco boriosa, per dirla tutta.

Io lo stavo accettando, ma non riuscivo più a viverlo con serenità. Tutto quello che desideravo era un bel luogo in cui passare la mia vita, una donna da amare e delle persone di cui prendermi cura. E invece ero lì in fila, sperando in un successo che mi proiettasse in un futuro in cui dovermi mettere costantemente alla prova, spendere le mie energie per un qualche tipo di gloria. Sembra che sia necessario dovere dimostrare di essere qualcuno, come se la nostra abilità in una qualche disciplina ci potesse fornire l’attestato del nostro valore.

Perché bisogna sempre agire? Perché non basta essere?

Stavo rimuginando sulla mia triste condizione quando venni urtato; una voce gentile mi chiese scusa e mi sorrise. Fui molto grato a quella voce sorridente, mi infuse una certa tranquillità.
Sarebbe bello poter godere dei momenti felici anche senza esserne coinvolti in prima persona; il punto è che una cosa non è bella se non ci riguarda, e quel sorriso non mi avrebbe dato nessuna serenità se fosse stato rivolto a qualcun altro. Venni scartato, con infamia tra l’altro; ma quell’occasione mi permise di conoscere la ragazza che si celava dietro a quella voce sorridente e riscoprii il gusto di essere amato.


Il bello di essere amati è che si è amati per quello che si è, non per quello che si fa. Questo comporta una notevole serenità a riguardo della propria persona e della sua funzione all’interno di questo universo. Ed è questa serenità che ci permette di guardare il mondo con sguardo più compiaciuto; di non additare impietosamente alla pochezza della nostra vita, ma di vederla piena anche se vissuta nella nebbia.
Abbandonata l’angoscia di dovere dimostrare, si trova la piena gioia dell’essere: in questo stato riusciamo a godere anche di una brumosa periferia, della compagnia di persone che prima ritenevamo insoddisfacenti e si smette di arrovellarsi nel cercare un senso.

Il senso tuttavia è semplice: è essere felici. Ma per esserlo abbiamo bisogno di qualcuno che ce ne dia il permesso, qualcuno che ci accetti in quanto esseri statici e che non sia interessato ai nostri successi più di quanto non lo sia a ciò che potrebbe accadere durante un ipotetico scontro tra buchi neri.

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