
Ricordi della Città Rossa
Zaireeka > premessa
In questi giorni si parla molto della mia città, Taranto.
Come forse qualcuno sa, ma penso non abbastanza gente, Taranto a parte una delle maggiori, se non la maggiore, base navale del Mediterraneo, è, ancora per ora, la fortunata sede del centro siderurgico più grande d’Europa.
In questi giorni, dopo vari anni di lotte ecologiste a cura di una grandissima parte della cittadinanza, un PM del tribunale di Lecce si è deciso a mettere i sigilli agli impianti che si sono dimostrati, negli ultimi tempi, i maggiori responsabili del disastro ambientale che porta, in base alle statistiche, ogni anno circa ottanta persone (fra cui molti bambini) a morire di varie forme di tumori e affini, prevalentemente alle vie respiratorie.
Come conseguenza una grandissima parte degli operai (circa diecimila persone) dell’“Area a caldo” (così è denominata l’area che contiene questi impianti) si sono riversati sulla città per protestare, con il beneplacito della proprietà dell’industria (il Gruppo Riva) e con il sostegno di tutti sindacati uniti (sic), contro il decreto giudiziario.
Ciò ha causato, e sta causando, disagi notevoli a tutta la cittadinanza, e non solo, sopratutto a causa del blocco attuato per buona parte della giornata praticamente di tutte le entrate alla città.
Voglio solo dirvi che oggi (27 luglio 2012) per tornare a casa dal lavoro da un quartiere periferico della città ci ho impiegato più di un ora quando di solito ci metto un quarto d’ora, e mi stavo perdendo per le campagne… e forse non avrei scritto questo editoriale che per qualcuno sarebbe stato meglio.
Insomma qualcosa di davvero innovativo, Padroni e Sindacati insieme ai Lavoratori tutti insieme uniti contro un Giudice (chissà Silvio come gongola, non per niente è molto amico di Riva).
E la cittadinanza , anche quella che con l’ILVA non ha niente a che fare, se non aspirare solitamente i sui gas e le sue polveri di scarico, che ci va di mezzo.
Detto questo, tempo fa (novembre 2010) ebbi uno scambio epistolare con l’utente Fosca, in quanto mi piacque l’idea che una Milanese si interessasse, con tale passione, ad un problema di una città sfigata del quasi-profondissimo sud.
Zaireeka > 12 novembre 2010
Oggi ti voglio parlare dell'Ilva, e di tutte le industrie (raffinerie, ecc) che l'ilva (ex Italsider) rappresenta per la mia città.
I primi ricordi che mi vengono in mente riguardano i viaggi di ritorno dalle vacanze che io e la mia famiglia facevamo in montagna, sulla Sila calabrese.
I viaggi non erano particolarmente lunghi (circa 200 chilometri), ma sembravano lunghissimi, forse a causa della guida lenta di mio padre o delle continue soste. Ed era meraviglioso e fonte di sollievo, per me e mia sorella, quando all'orizzonte, maestose come un tramonto su marte, si vedevano sorgere le prime nuvole rosse fuoco dell'Italsider e delle sue sorelle sui cieli serali di Taranto.
Ne eravamo particolarmente affezionati, eravamo contenti di essere di nuovo a casa.
Una cosa che spesso mio padre mi raccontava quando ero piccolo, quasi con orgoglio, era che la superficie dell'ILVA fosse due volte e mezzo quella di Taranto(o qualcosa del genere).
In pratica Taranto, a ben pensarci, si poteva quasi definire il più grande quartiere dell'ILVA. Ora non so se sia ancora così (se mai davvero lo è stato). Questo perché l'ILVA, almeno a superficie, penso abbia smesso di crescere da un po’ di anni, a causa della crisi economica. Al contrario della "città dei due mari" in continua crescita in quanto a superficie, con nuovi quartieri il più possibile lontano dai suoi fumi (ma dal punto di vista demografico, c'è stata una decrescita in 25 anni di circa 100.000 unità, un po’ a causa del "respiro" dell'ILVA ... un po’ a causa della stessa crisi economica di cui sopra) ...
Una cosa particolare dell'ILVA (ma forse ancora più delle sue sorelle) è l'odore.
Un odore acre che i vecchi della mia città usano ancora per capire quando il vento è cambiato.
Che io ricordi l'Italsider è stata inaugurata da Aldo Moro nel mio anno di nascita, il 1965.
Ora ne sono passati 45 di anni, e forse fra poco chiuderà.
E chissà se sarà la volta buona in cui mi deciderò pure io a lasciare questa mia amatissima e odiatissima città.
Fosca > 30 luglio 2012
L'interesse della milanese che c'è in me per la splendida città di Taranto mi deriva dall'essere legata affettivamente non solo ad una persona, ma ad una intera famiglia di pugliesi da circa cinque anni ed è proprio attraverso loro che ho imparato a conoscerne la storia affascinante e disperante, così come la bellezza incredibile di una città, deturpata da decenni di mal'amministrazione ed interessi meramente privati, e del suo caloroso popolo. Amo la Puglia, amo Taranto e quello che l'ILVA ha fatto alla città e alla sua gente è un disastro non solo ambientale, ma sanitario, culturale e sociale di portata inimmaginabile.
Circa un anno e mezzo fa, nacque l'idea di un editoriale sull'ILVA a quattro mani : una parte, come dire, romantica scritta da Zaireekaa e una parte polemica e di denuncia che avrei dovuto scrivere io.
Purtroppo ogni volta che ho provato a scrivere qualcosa su questo argomento scottante e che tanto mi sta a cuore, non ho mai concluso molto perché quello che ne derivava era sempre e comunque un "articolo monco", cui mancava ogni volta qualcosa.
Ma dopo avere a lungo tentennato, raccogliendo chilometri di articoli di giornale ed editoriali altrui on line, è finalmente arrivata la inimmaginabile notizia. Ora quel qualcosa che mancava è arrivato tramite la Magistratura, proprio in questi giorni, con mia somma gioia oltre che con grande ed innegabile preoccupazione.
Mi affiderò quindi alle parole di Antonello Caporale da un articolo su LA REPUBBLICA del 30/04/2012 per sintetizzare quello che avrei voluto scrivere io e che sta invece scrivendo la Magistratura per durare a lungo, molto più di quanto potrà un semplice editoriale.
“Taranto è una balena spiaggiata, ansima ma non si scuote. Chiusa ad est dagli altiforni dell'Ilva, ad ovest dal nuovo porto della Marina militare, è una città bucata nel suo centro, i palazzi sono denti cariati, svuotati, con i tetti sfondati. Taranto è una città bellissima, ma non lo sa, non ci crede. Ha due mari che cingono un anfiteatro naturale, curva sull'orizzonte: isole davanti e uliveti alle spalle. Lo Jonio, il Mediterraneo, la civiltà dorica, i miti greci. La beltà può espandersi o inselvatichirsi fino a divenire irriconoscibile. I tarantini, probabilmente anche per loro merito, oggi piangono, sono cuori infranti. Va al voto la città che è stata la più indebitata d' Italia, con un default civile ed economico da paura. Dissesto di bilancio alla cifra record di quasi un miliardo di euro, livelli di inquinamento da diossina e benzopirene trai più alti di Europa, tasso di mortalità oltre la media nazionale. A Taranto muoiono all'anno circa trenta persone in più per neoplasie polmonari rispetto alla media del resto d' Italia: due tarantini al mese si arrendono alla vita senza curarsene troppo. "Che me ne fotte", hanno detto per anni. Inchiodati a quella frase, hanno atteso il conto. Che è stato salato, troppo.". >> leggi il resto