The past is our future

Prendendo spunto da una discussione sorta altrove, propongo anche qui un dibattito che sinceramente mi sta abbastanza a cuore nonostante non sia una cosa per cui perdo il sonno la notte.
Oltre alle innumerevoli reunion di gruppi storici sorte anche soltanto quest'anno, di questi tempi sembra che stiamo vivendo una sorta di viaggio all'indietro e c'è stato un vero e proprio boom del passato anche nella proposta musicale, con tutti gli annessi e connessi.
Ristampe di dischi storici, concerti tipo il "Don't Look Back" - basati sulla intera riproposizione di capolavori del passato -, riciclaggio di cose vecchie trent'anni, il ritorno prepotente di formati fisici, quali vinili e musicassette, che non si può dire siano spariti totalmente fino all'altro ieri ma di certo non erano la prima scelta di un gruppo per incidere i propri lavori.

Ultimamente mi pare che i musicisti non si sbattano tanto a cercare nuove vie, magari queste sono finite chi lo sa? Però si rifugiano nella facilità di rielaborazioni che strizzano entrambi gli occhi al passato: portando avanti come esempio quello banale del filone indie di ultima generazione, capitanato da quei balordi degli Arcade Fire, che trova il suo presente e futuro nella riproposizione degli stilemi prettamente 80's e facendolo talvolta passare per un atto post-moderno.

Ora, sono il primo ad ammettere in tutta onestà che non so se le vie per l'innovazione musicale siano state interamente battute e che non c'è più niente da fare, oppure qualcosa c'è ma nessuno ha voglia di cercarla. Però, per quanto siano ottime molte proposte passatiste, sogno il giorno in cui, ascoltando un determinato disco, mi venga voglia di urlare al mondo "Buon 2012 ostia!" anziché un rassegnato "Viva il 1982 cribbio!".

Ora la domanda che vi pongo è questa: e se il vero futuro della nostra cultura musicale fosse veramente il passato?
La musica ha veramente finito il suo corso?
Il potenziale innovativo è definitivamente esaurito?
È davvero già stato detto tutto?


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