
La compilation perfetta
Il sogno di chiunque!
La compilation perfetta.
Divago un attimo e poi ritorno: Io amo l’italiano. Ma non per orgoglio o per vanagloriosa dignità di lignaggio. Ma semplicemente perché è una lingua bellissima.
Variegata, complicata, equivoca. Semplicemente ricca. “Vocabolaria”, multipla, ma anche povera d’intenti dialettali. Grassa. Umida al punto giusto.
L’inglese, invece, è secco. Non suda mai. E’ come un clima nervoso. Ma d’un nervosismo asciutto. Come i tendini di uno stambecco, abbarbicato (traducete questo) su di una roccia spigolosa.
Ma questo (compilation) è uno dei pochi casi in cui una parola in inglese non abbia una traduzione reale. O, almeno, una traduzione efficace.
Forse è perché vengo da un’altra era (e qui ritorno al punto). Un’era in cui, quando conoscevi una fanciulla (ed eri un appassionato di musica) e t’innamoravi, pensavi che, per conquistarla, dovevi farle una compilation.
Un’era in cui la musica era linguaggio.
E il supporto, cazzo!
TDK C90 (E, come direbbe Peppino...)
Quelle grigie, non ancora inutilmente trasparenti (l’interno non mi è congeniale. Qualcuno, addirittura, dice che se disegni da bambino uomini trasparenti, con gli organi interni visibili, sei un potenziale Serial Killer! “Potenza della lirica…”). Quelle che, a dispetto del colore, erano perfette. Ne ho ancora diverse funzionanti, dopo anni di fottuto, onesto, lavoro.
Penso di aver perso più tempo a fare compilation che a dire davvero alle dirette interessate quello che provavo.
E ancora oggi, la cerco.
Lei...
La compilation perfetta.