Death must be the place

Da piccolo mi hanno insegnato a non aver paura della morte.
Crescendo mi son reso conto che averne paura era giusto, voglio dire, a non averne paura quasi si afferma che non ci cambierebbe nulla morire. E invece cambia.
In situazione estrema, dove la fine è quasi certa, uno (auguratamente normale) avrebbe tutto il diritto di pensare cose del tipo "Così è la vita…", "Non ci posso fare niente e non rimpiango niente." eccetera eccetera. Ma in cuor suo dubito non pensi, piuttosto, frasi più simili a "Siamo sicuri che non ci siano alternative?", "Non voglio…", "Ho paura…".
E non si smette mai d'aver paura, finché avercene diventa concretamente impossibile.

Nasciamo impauriti e moriamo impauriti.

Cresciamo sempre con una sorta di rispetto, di timore reverenziale anzi, nei confronti della morte. Questa, sempre stata l'unica in grado di sensibilizzare chiunque, poiché unica certezza.
Al momento, ho appreso da terzi che la morte pare essere l'unica soluzione infallibile ad ogni problema. Che sia auto-inflitta o provocata, s'intende. E al contempo, ha smesso di sensibilizzare.
Nell'era moderna ogni giorno ad ogni minuto di ogni ora ci ricordano di come essa non faccia sconti e faccia pagare tutti. Ma ormai accade tanto spesso affinché sembri una questione più ordinaria di prima. Normale amministrazione, azzarderei.
Ogni giorno sentiamo di almeno un morto nuovo. C'è chi s'è impiccato, chi s'è sparato, chi ha ucciso tal dei tali, e chi dopo aver ucciso tal dei tali s'è tolto la sua stessa vita. Al punto che, laddove prima incuteva timore, ora non ci si fa neanche più caso, da quant'è saturo il "mercato".
Piuttosto, si prende parecchio alla leggera, come se fosse cosa da nulla. E ultimamente è più lampante che mai.

Le ragioni che sentiamo, per cui uno dovrebbe togliersi/togliere la vita sono sempre più delle stronzate. Preferirei non sindacare troppo sulle scelte di chi commette suicidio, dipende estremamente dalla sensibilità personale e la propria soglia di accettazione; nonostante non possa nascondere che, ogni tanto, mi vien spontaneo un "E questo s'ammazza per una stronzata simile?".
Togliendo la S apostrofata, lo stesso discorso potrei farlo per chi infierisce sulla vita altrui. Oramai ogni minimo impedimento, ogni minimo scazzo, ogni minima questione sembra trovare via di fuga in questo modo. Se una persona ti arreca fastidio, facile: uccidila.
A tal proposito m'è venuta in mente la notizia che lessi ben tre anni fa, di un tale che uccise la moglie (durante la separazione) in quanto su Facebook s'era segnata come "single" nella situazione sentimentale. Di esempi ce ne sono tanti, nonostante questo sia - forse - il più idiota.

Non so se forse è colpa mia, ancorato a una sensibilità verso la questione piuttosto datata, dove ancora la morte non si prendeva alla leggera, dove ancora la morte era una fase in cui quella persona non sarebbe tornata più indietro (mica cazzi, per dirla rasoterra). Non so nemmeno da dov'è partita né quando, questa assurda escalation, ma ricordo che anche solo fino a non troppi anni fa era diverso, non esasperato. Adesso il massacro è anche mediatico, dove tutto è notizia, tutto è cibo per sciacalli. E adesso sui massacri non si sta più zitti come si dovrebbe.

"Perché non c'è nulla d'intelligente da dire su un massacro." (Kurt Vonnegut - Mattatoio n. 5)


(Questo testo è interamente scritto in memoria, e con dedica, per un vecchio amico di cui ho appreso solamente poco fa della sua scomparsa. Altri scopi - perlomeno dichiarati - non ne ha.)


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