Il primo gennaio 2013
Mi sveglio, mi alzo in un silenzio di tomba.
E’ il primo gennaio 2013. Sono le 8 del mattino, mi lavo la faccia con l’acqua fredda, mi rado, mi vesto. Scosto un po’ la tenda della finestra e fuori sta sorgendo un sole freddo. Nessuno si muove, niente.
Scendo in garage, metto in moto ed esco. Sono le 8,30.
Mi fermo a fare il pieno ed il benzinaio, con un sorrisetto, mi fa la prima battuta dell’anno “ Ma dove va, oggi, a quest’ora del mattino?”.
Incrocio lo sguardo di una bellissima ragazza, ha ancora rimmel pesante e lustrini intorno agli occhi, si intravvede un vestito nero ed elegante.
Ma a quest’ora è fuori luogo e contesto.
Il sole sta salendo, io ho imboccato un’autostrada deserta e gelata.
140 km/h verso l’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Esco a Bologna-San Lazzaro. Faccio qualche chilometro di una tangenziale morta. Arrivo al parcheggio dell’ospedale. Metto l’auto nella piazzola. Mi metto il giubbino, entro dall’ingresso principale.
Fuori c’è un signore con un tubicino infilato nel naso che fuma, mi sorride e mi augura buon anno.
Salgo l’ascensore, infilo il primo corridoio, il secondo ed eccola lì.
La abbraccio, due parole. Parliamo.
Scendo di nuovo al bar. Faccio un pranzo freddo ed indigesto.
Torno su, altre parole, poi arriva il momento dei saluti.
Due baci, due occhi neri, un grande sorriso con denti che sembrano troppo grandi.
Un veloce e feroce flash-back: io grande e lei piccina che ci rincorriamo in bici in una strada assolata.
Dentro sono freddo. Pago il biglietto del parcheggio. Risalgo in auto, tangenziale e sono in autostrada.
E’ sempre il primo gennaio. Sono le 15,30, adesso la gente che si è divertita si sta svegliando tra i postumi di una bella sbornia.
Io guido con il mare nero a sinistra ed un tramonto giallastro a destra e la solita domanda stronza e, oramai l’ho capito, senza alcun senso, riaffiora come un caimano da acque torbide e nere: perché a soffrire è chi non ha nessuna colpa?
Perché soffre un bambino?
Perché si muore giovani e senza alcun motivo?
La risposta, desolata, arcigna, secca, algida, mostruosa è sempre quella: perché si.