
L'egocentrismo dell'Uomo
L’Uomo è portato a pensare di essere il fulcro delle Cose. L’Uomo pensa: “La cosa più piccola che esiste è quello che possiamo vedere con i più potenti microscopi a disposizione o quello che la nostra mente può immaginare di studiare.”. Ed anche: “La cosa più grande è quella che i più grandi telescopi possono rilevare o che la nostra mente può immaginare di studiare.”. Risultato: l’Uomo pensa di essere più o meno al centro di un segmento che rappresenta l’Universo, figurato - idealmente per intenderci - congiungendo l’entità più grande a quella più piccola concepita. Il problema è che quasi sempre l’immaginazione è ridotta.
Quando avevo circa quindici anni lessi una storia a fumetti messa a chiusura di un giornalino di supereroi della Marvel Comics. Un racconto “illuminante” per me, e faceva più o meno così: in un lontano futuro una spedizione di uomini parte con un astronave e va nello spazio profondo con l’obiettivo di scoprire dov’è il confine dell’Universo e cosa c’è oltre, se c’è qualcosa. Dopo varie peripezie la squadra di astronauti si ritrova ad avere lì davanti il confine dell’Universo (non mi ricordo come fanno a capirlo ma prendiamola così). Chiamano la base sulla Terra e dicono: “Ci siamo, questo è un momento emozionante, fra poco vi diremo cosa c’è oltre: il Nulla o Dio.”. L’ultimo disegno del racconto fa vedere una piccolissima astronave (cioè loro) che, uscendo da un pallone, si ritrova in un enorme campo di calcio.
Morale: il nostro Universo, che ci pare così grande e infinito, se noi non ponessimo l’umanità al centro del mondo potrebbe essere un niente in rapporto a ciò che Esiste. Un punto qualsiasi, all’inizio, alla fine o in posizione iesima sulla linea immaginaria di ciò che E’. Lo spazio, il tempo, è tutto relativo. Un senegalese che ti si avvicina e ti offre un accendino da comprare e che per far vedere che l’oggetto funziona gira la rotellina e fa schizzare le scintille prima dell’accendersi della fiamma, bene, quell’evento che per noi ha dimensioni piccolissime e una durata di qualche decimo di secondo potrebbe essere l’arco di esistenza di un Universo, comandato da proprie leggi fisiche che ha durata, per chi c’è dentro, di miliardi e miliardi dei loro “anni”.
Mi vengono ancora i brividi a pensare a quei momenti in cui, ragazzo, avevo scoperto questi nuovi orizzonti, non tutti compresi a quel momento, ma che sarebbero destinati ad essere nel tempo punti di riferimento del mio modo di ragionare e di affrontare le cose.
Noi siamo niente in confronto alla vastità dell’esistente. E’ giusto che gli uomini studino, scoprano, cerchino la verità e le leggi della Natura, ma lo devono fare sapendo che serve fino a un certo punto perché non potremo mai avere la pretesa, coi mezzi che abbiamo o che avremo nel futuro, di rispondere a domande tipo: “Dove finisce l’Universo?” “Come è nato?” “Quando finirà?” “Chi o cosa l’ha creato?” Solo dannate ipotesi.
Non dico che l’umanità non deve tendere a studiare e a cercare risposte, fa parte della propria natura la fame di conoscenza e serve al progresso, basta però che lo faccia tenendo presente con la dovuta umiltà che l’Uomo è una piccola, infinitesima parte del Mondo. E con questa consapevolezza e umiltà si deve rispettare, amare e vivere. Siamo un mattoncino di questa magnifica Realtà: che l’abbia creata Qualcuno che ci ama o, come io penso, Qualcosa che ci ignora, per certi versi ha un’importanza relativa.