I Tre Segreti della Cucina Francese

Probabilmente sarò démodé però credo ancora nel motto “Conosci il tuo nemico per poterlo combattere.”.
Questa caratteristica fa sì che ogni giorno passi un po’ del mio tempo a leggere, sul web ma anche in cartaceo, giornali e altri prodotti editoriali che considero deleteri per l’umanità. Lo stesso vale pure per Tv, Radio e altri media. Va da se che spesso nel pattume possa crescere, se non fiori, qualche erbetta e quindi mi capita di trovare spunti di riflessione se non qualche punto d’accordo/contatto.

Oggi mentre leggevo un “quotidianaccio” milanese mi sono imbattuto in un vero genio del pensiero contemporaneo: in un articolo dedicato alla nuova edizione del talent show culinario “Masterchef” uno dei tre “giudici” (non ricordo quale) ha espresso più o meno questo concetto (vado a memoria cercando di preservare il significato “intrinseco”): il nostro è un talent diverso perché non è come quelli musicali che se sei stonato sei stonato e stop, qui chiunque riesce a cucinare (anche se non è detto che lo sappia fare) e quindi pensa “tanto vale provarci”.

Ora io considero come uno dei mal del secolo (subito dopo, come già detto, l’insoluto di pagamento e il relativismo) i talent show: beceri prodotti di protagonismo solipsistico da parte di personaggi che altrimenti sarebbero a cogliere le “maruzze” (televisivamente parlando) che tra le altre cose discendono direttamente dal desiderio voyeuristico del popolino che una decina d’anni fa ha fatto germogliare i reality (show).
Aggiungo che ho cominciato a mal tollerare questo fiorire di programmi culinari in un onanismo gastronomico che ha fatto nascere dei veri e propri mostri “papilliferi”.

Ma il punto non è questo perché quello che mi lascia perplesso è che uno che, teoricamente, dovrebbe saper cucinare (e quindi conoscerne le regole: perché ci sono e piuttosto complesse) visto il “ruolo” possa solo svilire con un tale parallelismo quello che è uno dei modi più efficaci di donare felicità (e dal mio punto di vista pure di esprimere talento artistico).

Ok. Le attenuanti forse si trovano nel fatto che non è quello che realmente pensa ma semplicemente porta alla luce quello che potrebbe essere un pensiero diffuso ma il dubbio enorme rimane e si contorce nello stomaco come la pasta mal lievitata di una pizza mangiata a mezzogiorno (non si fa!).

Intendiamoci: tutto sta da quale pulpito proviene la predica. Io sono “cresciuto” a pane e tv locali dove veri maestri della cucina tradizionale regionale badavano al sodo (e scusate il gioco di parole) e soprattutto non cucinavano in abito da sera (e a querelle su gatti in umido avrebbero reagito come chiunque, armato di buon senso e umorismo, dovrebbe fare: con una risata) e non usavano termini come “disgustato”.
Apparire forse è tutto e la forma sta sconfiggendo la sostanza ma rimango convinto che eleganza e competenza possano convivere: il problema è capire è chi non vuole che ciò succeda.

Ah… il titolo?
Secondo la commedia “Sapori e Dissapori” la risposta è “burro, burro e burro.”.


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