
Tori scatenati
L’altra sera ho rivisto un tizio in televisione, con la maglia e la sciarpa del Celtic, in trasferta a tifare per gli scozzesi contro la Juventus.
Lo hanno intervistato e non aveva niente del calciatore che fu, se non il pizzetto degli ultimi anni, quasi da ricordarmi l’impiegato dell’ufficio della poste sotto la mia vecchia casa. Poi ho capito che era Enrico “Tarzan” Annoni.
Chi non tifa per il Toro credo ignori o abbia ricordi vaghi di Tarzan, e nel nostro non può che vedere un uomo normale, uno come tanti che va in giro a tifare, per qualcuno o contro qualcuno ha poca importanza. Dopo qualche istante di perplessità l’ho riconosciuto perché il volto di Tarzan mi è sempre stato familiare, non sono mai riuscito a rimuoverlo o ad accantonarlo del tutto, e neppure mi è riuscito di confinarlo in quell’angolo della memoria dedicato a tutto ciò che è “ex”, inteso come prossimo all’exit e alla fuoriuscita dai ricordi: vecchie macchine, antiche compagnie, i breviamoriapalmadimaiorca e simili, tanto l’elenco è uguale per tutti.
Ogni volta che torno a trovare mio zio, vengo ospitato nella camera che mio cugino occupava fino ad una quindicina di anni fa, rimasta uguale anche dopo che se ne è andato di casa, con lo stesso letto, gli stessi libri sulla mensola, la stessa carta da parati, le stesse fotografie prese da un giornale sportivo e incorniciate con la scritta “due tori scatenati”, a raffigurare un mediano dimenticato dai più ed un coriaceo terzino del Toro dei primi anni ’90, quello che finì in semifinale di coppa Uefa o cose del genere. Tarzan.
Capita così che una volta ogni due o tre anni l’ultima immagine che mi appare prima di addormentarmi sia quella dei tori scatenati negli anni ’90, di una stanza da adolescente abbandonata a se stessa e ai due custodi in maglia granata, un tempo idolatrati, per qualche anno ricordati, quindi dimenticati e qualche volta riscoperti, riportati alla mia vita prima che lo faccia – sempre in modo saltuario e occasionale – la televisione o qualche sito internet.
Lo stesso che mi è capitato quando ad un’asta su ebay ho recuperato tutta la serie de “I tre investigatori” e dei “Pimlico Boys”, i gialli dei ragazzi che leggevo quando facevo le elementari o le medie, e mi mettevo io nei panni del quarto investigatore, e la mia camera non era più la mia camera e le finestre si aprivano su Rocky Beach, su Norfolk, sulla caverna del diavolo o sul bosco delle streghe, e mi trovavo a combattere contro i pirati dell’atomo o su chi metteva Londra nel terrore.
Ho provato a rileggerne uno, che mi era sfuggito negli anni ’80, ma facevo fatica a riconoscere luoghi, spazi persone, un po’ come l’altra sera non ho riconosciuto di primo acchito Tarzan Annoni, e davvero lo avevo scambiato per il mio vicino di casa o per un qualche personaggio che vedi sempre ed ovunque, senza davvero riconoscerlo.
Qualcuno mi ha detto che “ife is only as good as the memories we make", e molto spesso ci credo pure io, mi sono sempre beato di ri-conoscere il mio passato, la fisionomia di una persona (basta puntare agli occhi, quelli non cambiano mai, neppure dopo trent'anni), di un luogo, di una Opel Kadett.
Del resto, c'è chi passa i pomeriggi su Google Maps ha riscoprire i posti dov'è cresciuto, o a programmare viaggi immaginari in luoghi in cui non è mai stato, ma che ha sempre creduto di conoscere, magari per averci passato i migliori anni "in un'altra vita, quella precedente".
C'è chi spera in quello che uno scrittore siciliano del secolo scorso chiamava il "miracolo del bis, il bellissimo riessere". Come mio cugino che spera nel Toro in Coppa, e non stacca i poster dalle pareti della camera dove qualche volta tornano a giocare i suoi figli.
Ecco perché mi è difficile spiegare il senso di libertà che ho provato quando per la prima volta dopo tanti anni mi sono smarcato dall’immagine di Tarzan Annoni, per correre verso la porta.