
Alla fine del mondo
«Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo alla fine del mondo... ma siamo qui».
Alle 19.06 del 13 marzo 2013 la fumata bianca che ha annunciato al mondo l’elezione del 266esimo Pontefice, certo non ci aveva preparati ad essere testimoni di un fatto, se non unico, sicuramente epocale: due Papi in condominio.
Vederli insieme è un fatto che personalmente mi disorienta, fosse solo per… “morto una Papa, se ne fa un altro”, le dimissioni non rientravano nelle mie visioni o semplicemente non avrei pensato che ci potessero essere.
Vederli insieme, eppure così lontani, non può che aggiungere un sottile senso di vertigine: di sicuro il loro presentarsi al mondo e ai fedeli non può che aver approfondito il solco che li divide.
Questo Francesco viene dall’Argentina, uno stato un cui la Chiesa sostenne la dittatura e nel settembre del 1979 permise il trasferimento di prigionieri in un’isola dell’Arcipelago del Tigre, detta Isola del Silenzio (…) , ma allora il nostro gesuita non aveva alcun incarico o potere decisionale. Negli ultimi mesi assistiamo ad un comportamento inconsueto per un Papa, che cerca di “spostare” la sua Chiesa dal piedistallo “montano” in cui si trova, giù a terra a “livello del mare”: un lavoro che ha bisogno di uno sforzo comune, ma che per il momento sembra portare avanti da solo.
Non penso di incorrere in blasfemia se ricordo una vecchia canzone di Battisti, poiché mi verrebbe da dire "Non è Francesco, ma…"
Un Papa che mai come prima è riuscito a darci un senso di appartenenza e di fratellanza, al di là di ogni fede o religione, solo con la sua presenza e le sue parole semplici e dirette.
In questo periodo di grandi incertezze e di pazzia collettiva il Vescovo di Roma è veramente il Vescovo di tutti e finalmente…: “Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam!”