Il cappello da baseball

Succede che certe sere sono stanco delle cose successe dall’alba al tramonto.
Così, fatto quanto la società si aspetta da me, qualche volta dopo cena, quale sia il tempo atmosferico, mi butto lungo le vie della città. Fino al venerdì non si vede nessuno e si passeggia bene.
Oggi è stata una giornata particolarmente stronza. Gli accadimenti sembrano strapparti via ogni cosa e la sera, porcaputtana, almeno dopo il calar del sole, cerco e voglio il silenzio. E quindi infilo il giubbino e spalanco il portone.
Il mio passatempo è passeggiare e guardare le finestre accese immaginando la vita all’interno per deviare i pensieri verso lidi più gestibili, casa di un altro, vita di un altro, problemi di un altro.
E così mi ritrovo a camminare sul marciapiede, annuso l’aria umida e fredda ma continua ad essere una serata storta.

I pensieri mi inseguono lungo il viale e mi raggiungono di nuovo dicendomi: "Ma dove cazzo credi di andare?"
Non demordo, se non vanno bene le vite degli altri tiro fuori il telefono, infilo le cuffie, striscio con l’indice sullo schermo liscio e vado di ascolto a caso. Spero nella musica dopo che l’aria scura non ha fatto il suo dovere.

La musica può tanto e finalmente la testa e l’anima si rilassano un po’, i pensieri stavolta sembrano tirare il fiato ed io cammino spedito distaccandomi da 'sto mondo.
Mi rifugio nelle canzoni, volo via un po’.
Finalmente la giornata sembra svoltare dignitosamente. Una vecchia canzone dei The Alan Parsons Project mi acquieta. Sono quasi arrivato a casa, leggero e quasi soddisfatto di essermi liberato delle puttanate quotidiane, quando, d’improvviso, un cappello da baseball mi richiama alla realtà in una frazione di secondo.
"Signore?!"
Eccheccazzo, checcazzo… Il mio cervello torna attivo perché un ragazzino, di notte, lungo un viale deserto, non rientra nei miei piani di rilassamento. Specie uno che mi ferma mentre stavo per andare a dormire con i TAPP nelle orecchie.
“Si?”
“Signore mi aiuta? Non mi sento bene...”
Lo squadro e penso che sembra star perfettamente in forma
“Signore, ho un attacco di panico!”
Via tutto il rilassamento, ecco qua un bel problema di fine giornata.
“Mi spiace.” dico poi, e aggiungo: “Chiamo i tuoi genitori? Magari ti serve un’ambulanza? Che posso fare?”
Ma dentro di me arriva la gendarmeria con un gran frastuono di trombe che si inquadra tra i bastioni del mio cervello, pronta all’attacco o alla difesa. Che fare? Fidarsi? Si, no?

Sembra solo un ragazzo. Avrà al massimo 14 anni. Che cazzo è un attacco di panico? Si lo so, ma non so che effetti dia. Mi vede titubante e mi dice di non preoccuparmi, che non fa nulla, che va da solo.
Sembra ripensarci e chiede solo di accompagnarlo una cinquantina di metri.
“Ok”, gli dico. “Andiamo.”
E penso: vediamo se è una giornata completamente del cazzo o solo in parte. Mentre passeggiamo nell’ombra, mi accorgo di arretrare di mezzo passo. Sto molto all’erta mentre lui, senza guardarmi in viso, mi dice che gli succede spesso e quando chiede aiuto trova difficoltà perché la gente chissà cosa pensa. E ci credo, penso io. Che cazzo vai passeggiando a quest’ora di notte da solo se hai gli attacchi di panico?
Sento che il mio cervello si sta cacando sotto e, soprattutto, che i fottuti chemosensori dell’amigdala se ne sono accorti. E così, ora, il mio 'io primordiale' sta aspettandosi un coltello sotto il collo. Ma la mia coscienza mi dice di star tranquillo, che è solo un ragazzino.
"Vabbé!", mi dice la fottuta amigdala, "Anche un ragazzino può tirare una coltellata!"
E così mi sto spostando per equilibrare i pesi ed assestare un eventuale colpo. O magari scappare come un bambino impaurito, ma questo non lo diciamo.

Poi succede che dopo i cinquanta metri il nostro amico dal cappello da baseball mi dice che...
"Va bene, grazie così."
Mi dà la mano e mi saluta. Gli intravedo per un attimo gli occhi, che mi fissano, ma troppo velocemente per capire come.
Finita qui. Nessuna coltellata e nessuna apparente conferma della eventuale malattia. Lo vedo allontanarsi con passo veloce.

Mah. La vita è strana e mi fa incazzare quando non scrive un finale risolutivo del cazzo.
Specie quando le mie amigdale si sono tutte eccitate.



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