Giù la maschera, pagliaccio

Uno dei temi più dibattuti nel nostro paese negli ultimi anni è stato sicuramente quello relativo a le intercettazioni. Il tema fu largamente dibattuto, perché se da una parte era evidente ci fossero interessi politici e dei cosiddetti “poteri forti” affinché venisse riformato in via limitativa e riduttiva l’intero apparato relativo alle intercettazioni telefoniche; dall’altro lato è pure vero che il tema della “privacy” in sé sia una questione sempre più sentita da parte de l’opinione pubblica.

Sempre più persone temono per la propria privacy; che ciò che li riguarda possa essere reso pubblico e manifesto agli occhi di tutte le persone e questa paura è chiaramente direttamente proporzionale allo sviluppo della tecnologia e l’invasione in ogni aspetto della nostra privata di forme e mezzi di collegamento alla intera rete e di comunicazione ventiquattro ore su ventiquattro. Il terrore, l’incubo de il grande fratello, quello prospettato dalla letteratura fantascientifica nel corso del secolo scorso, in qualche modo è oggi diventato una realtà. Attraverso internet e i computer, ma pure più semplicemente attraverso degli smartphone, siamo in tutti i momenti possibili connessi a una rete multimediale internazionale.
Le nostre informazioni personali, i nostri pensieri e le nostre parole sono facilmente tracciabili da chiunque e potrebbe bastare una superficiale ricerca su di un motore di ricerca potente e aggiornato come Google per ottenere un quantitativo di informazioni almeno sufficiente su chiunque.

Come se non bastasse, l’affermarsi dei social network, e di Facebook in particolare, ha definitivamente smascherato chi, pure spaventato dalla realtà che lo circondava, aveva deciso di rifugiarsi in questa realtà virtuale, su internet. Aveva imparato a celarsi dietro delle identità fasulle e navigava in questo mondo ideale e in qualche modo incontaminato e plasmabile a seconda delle sue intenzioni come se fosse stato il personaggio di un romanzo cyberpunk.
Allo stesso tempo, è innegabile che larga parte della popolazione mondiale trovi invece fantastico poter condividere i fatti propri con gli altri e, in modo delle volte incosciente, condivide sul web foto e immagini, pensieri e scritti, file audio e filmati video di qualità più o meno amatoriale.

Ammesso che ci sia, dov’è l’errore? Quando ci si deve preoccupare per la propria privacy, quando ci dobbiamo sentire in qualche modo invasi nella nostra intimità.

Da ragazzo mi sono avvicinato al mondo del web con i piedi di piombo, ritenendo che mi stessi addentrando in un modo in larga parte composto da falsità. Negli anni ho poi avuto modo di riconsiderare la mia idea e il mio modo di vedere le cose. Ritengo che il web sia in verità solo una estensione del mondo reale e che non potrebbe essere altrimenti. Non ha una vita propria, ma tutto ciò che lo sostiene sono le informazioni, tutte le informazioni che noi condividiamo o facciamo passare attraverso di esso.

E allora, perché dovremmo spaventarci per la nostra privacy? Abbiamo qualcosa da nascondere, oppure siamo noi che ci vogliamo nascondere, perché abbiamo sempre paura di camminare alla luce del sole e di stare in mezzo agli altri.

(Immagine tratta dal telefilm"Get Smart")


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