Visual medium - Part 1

Nel nostro paese, il “fumetto” ha sempre avuto grosso successo e una larga diffusione.
Basti considerare come, ad esempio, in Italia la Disney abbia storicamente ottenuto seguito secondo solo a quello ottenuto negli USA.

Personaggi del mondo dei fumetti come Superman, in origine conosciuto nel nostro paese come Nembo Kid, e Batman sono popolari in Italia da oltre mezzo secolo.
Nel tempo, poi, ha avuto modo di svilupparsi e consolidarsi anche una traduzione fumettistica tipicamente italiana, di cui Tex Willer e Dylan Dog, rappresentativi di due diverse generazioni, costituiscano le pubblicazioni più celebri.

Tutti questi sono comunque personaggi generalmente portatori di valori positivi. Nessuno di questi (oddio, in realtà la figura di Batman meriterebbe di essere oggetto di considerazioni a parte) avrebbe caratteristiche che si discostino da quelle della figura tipico dell’eroe tradizionale.
Ovviamente anche i personaggi classici della Disney costituiscono dei modelli positivi. Dei modelli, del resto, in cui sia difficile identificarsi.

Questo accade per diversi motivi. In primo luogo è evidente che sia oggettivamente difficile identificarsi in Topolino o in Tiramolla, soprattutto se si abbiano più di sette-otto anni. Ma questo è solo un aspetto secondario della questione. E’ chiaro, difatti, che i processi di identificazioni si concretizzino più facilmente con dei modelli imperfetti; tutti, guardando al mondo della fantasia, preferiscono identificarsi piuttosto che con il “buono”, invece con un personaggio negativo; sì, deve essere un eroe, ma allo stesso tempo deve pure avere delle macchie e dei problemi con se stesso da risolvere.

Questo è naturale. Perché tutti noi abbiamo dei problemi; perché probabilmente oggi, in una società sempre più globalizzata, siamo tutti portati a affrontare primariamente noi stessi.
Nella nostra personale solitudine, innanzi a un mondo così grande e dove tutto appare alla portata di mano, ci rendiamo conto che combattere contro tutto e tutti sarebbe inutile; ci rendiamo conto di non avere realmente dei nemici, perché tutti quelli che ci circondano in realtà di noi se ne fregano.
L’unico vero nemico, il nostro nemico siamo noi.

Gli eroi di fumetti di oggi ci insegnano a combattere una lotta contro la nostra stessa identità, contro quelli che sono i nostri problemi e i nostri limiti strutturali.
Anch’essi, infatti, fingono di combattere dei nemici spietati, ma i cattivi, i vari Joker e Magneto, questi non sarebbero alla fine meno spietati e cattivi degli stessi eroi che così affannosamente appaiono cercare in tutti i modi di rovinare i loro piani.

Cosa possiamo imparare, oggi, da questi eroi/antieroi?
Le loro imprese eroiche non sono altro che una parodia di come dovremmo quotidianamente, nella nostra normale esistenza, cercare di migliorare noi stessi, di superare i nostri limiti e, infine, battere idealmente il nostro unico vero nemico: che poi saremmo noi stessi.
Ma è altresì indubbio questa lettura individualistica, tipica poi dell’eroe, sia figlia di una visione negativa relativamente al genere umano e, in particolar modo, per quanto riguarda le relazioni e le interazioni tra gli esseri umani.

Tutti gli eroi portano una maschera, conta poco se la loro identità sia universalmente nota o meno, ma tutti questi, tutti questi eroi portano una maschera.
Che poi sarebbe questa maschera, questo nascondersi agli altri, la causa principale della loro sofferenza.

Del resto gli eroi dei fumetti svolgono azioni ripetitive. Questi vestono sempre allo stesso modo, perché sono degli insicuri, e le loro serie non hanno mai fine perché essi non addivengono mai a una soluzione finale delle loro problematiche. Né, altresì, nel corso degli eventi che si succedano di pubblicazione in pubblicazione, possiamo generalmente rilevare un superamento di se stessi. La situazione di partenza ad ogni nuova avventura è sempre la stessa e, solo alla fine di questa, avviene un superamento, una vittoria, un risultato positivo. Ma la loro è un’esistenza circolare. Saranno sempre punto e daccapo.

Naturalmente pure nella vita reale è impossibile addivenire a un punto di arrivo che sia definitivo; ci possiamo infatti attaccare a delle persone e degli eventi come alle cose; ma ogni giorno dobbiamo impegnarci per superare ciò che siamo stati il giorno precedente.
Dobbiamo farlo perché è la nostra natura; perché questo è tipico della natura degli esseri umani. A differenza di Batman e Superman, de l’Uomo ragno, noi possiamo spezzare questo circolo e proseguire la nostra esistenza in linea più o meno retta, ma comunque infinita.


Carico i commenti... con calma