
Come vanno le cose
Ti ricordi quel film?
Quello claustrofobico, giapponese, c’era una tipa che finiva in una stanza, tutta spoglia e verde. Mi ricordo solo questo di tutto il film. Forse doveva prostituirsi. Non ricordo altro.
Di Johnny Mnemonic ricordo poco di più: quello strano personaggio. Una lei virtuale che stava invecchiando, perdendo segmenti della propria memoria.
L’ho visto al cinema quando è uscito. Parecchi anni fa. Andava di moda il “cyber punk”.
C’erano degli ideali nell’aria, si respiravano.
Si immaginava quanto la rete avrebbe potuto fare e si ragionava in termini idealistici. Informazione libera, per tutti, conoscenza libera, sapere immediato.
C’erano entusiasmi. Tutto quello che prima era difficile da raggiungere ora sembrava a portata di mano. E noi giù a comprare modem, monitor, portatili, server, tutti di corsa a preparare le avveniristiche autostrade dell’informazione, a lavorare nel settore, a progettare spazi di interazione.
Ho fatto parte di tutto questo in un modo o nell’altro e oggi, se mi guardo attorno, ho la sgradevole sensazione che quell’occasione sia andata persa.
Mi sembra che, alla fine di una parabola, tutta “‘st’infrastruttura”, serva solo per “informarci” su cosa twitta il politico di turno e su cosa gli ritwitta l’oppositore farlocco di turno.
Per farci conoscere le svendite sul sito d’occasioni e attaccarci il virus di qualche video della tal casa automobilistica che “guardalo, fa morire darridere”.
Per farci apprezzare la dolorante clavicola rotta dall’impavido skater, l’ilarissimo spavento del collega ischerzato, le comiche del gatto, la rabbia del cane, il dramma del coccodrillo, le tette ballerine della bulgara di turno, lo schianto in autostrada filmato per errore e quello che si lancia su un cactus.
La sensazione è sgradevole perché se quello che sento è vero, allora è anche vero che io mi sbagliavo, che mi sono sbagliato per anni.
Ho sempre lottato contro l’idea che voleva DeBaser diventasse un salottino chiuso e riservato, dove pochi snob parlassero tra di loro a un livello inaccessibile agli altri.
Ho sempre sperato in un DeBaser se vogliamo proletario, confidando in un qualche proletariato illuminato, per anni soffocato dall’impossibilità di esprimersi, di trovare canali di comunicazione.
Pensavo che, una volta che avesse avuto lo spazio, l’idea luminosa che immaginavo in tutti, sarebbe potuta emergere.
Ero candidamente convinto che la gente non esistesse, che esistessero persone, pensavo che queste persone, una volta che si fossero potute incontrare avrebbero preso il meglio le une dalle altre.
Però mi sembra di capire che da alte parti, dove sì, si è riusciti a conquistarlo quel proletariato, dove la gente va a farsi bombardare di informazioni inutili, contrastanti, parziali, dannose, a sovraesporsi fino a perdere del tutto la memoria, mi sembra di capire, dalla schiuma che lì emerge, come sotto non fermenti nulla di particolarmente illuminato.
Forse allora, in tutta questa storia che mi sembra di ricordare meno di quel film giapponese, qualche scusa è dovuta, da parte mia a chi non la pensava come me.
E qualche ripensamento andrebbe valutato su come potrebbero andare le cose qui.