Un mio amico, assistente di storia all'università, mentre interrogava uno sprovveduto si è sentito rispondere che l'11 settembre 1973 sono caduti sia Salvador Allende che le Torri Gemelle (magari se gli avessi detto che compie gli anni pure mia zia lo diceva che pure il suo compleanno cadeva quel giorno): Al di là delle risate, questo aneddoto, mi dà molto da pensare sul tempo e sulla sua relatività, anche nel nostro modo di costruirci una visione coerente del mondo: se non fosse un proposito, ma fosse già vero quel che si dice ogni volta, ogni anno, per un'altra data: 25 Aprile SEMPRE? La lotta per la nostra liberazione, poco ma sicuro, non si è conclusa quel giorno del '45 e si è andati avanti per quanto ancora fortunatamente si festeggi. Oggi, 12 dicembre, da festeggiare non c'è nulla, ma non ci si può non riflettere.
Se commemorarlo fosse solamente un tentativo di far passare gli stati mentali, emotivi e sociali di allora non riusciremmo a far rivivere nemmeno metà di quel vissuto ogni volta che ricordiamo la Strage, simbolo di tutte le altre. La mia e, credo quella di molti, nel ricordare, non è la volontà di creare coscienza, istruire chi non conosce, plasmare persone civili con il rispetto per la democrazia borghese e per le sue leggi, pacifisti in tempo di massacri, peraltro mai finiti. Ogni volta che qualcuno ricorda Piazza Fontana, Piazza della Loggia, la Stazione di Bologna, Reggio Emilia, Reggio Calabria etc...per quanto i liberali e democratici, anche capi di stato e presidenti cerchino di giocarla sporca, mostrandosi dalla parte delle vittime, esattamente come allora, riafferma volente o nolente un'altra verità: un conto non ancora chiuso, al di là di ogni iter giudiziario, al di là di ogni possibile condanna. Perché la Storia non si è mai chiusa, non si chiude e mai si chiuderà coi processi. Non si può chiudere un capitolo i cui protagonisti non hanno fatto altro che passare le loro disgrazie umane o le loro malefatte ai loro figli, come in un buon romanzo familiare che si rispetti. Quei morti non sono vittime di un carnefice, ma caduti nella lotta per la liberazione umana, per quanto alcuni di loro fossero inconsapevoli di starla conducendo. Non a caso altre stragi e soprattutto altre lotte si sono poi profilate all'orizzonte e sicuramente si ripresenteranno e i motivi saranno in fondo sempre gli stessi, per quanto ci si possa ammantare di post-modernità o di altre mode del momento.
Il 12 dicembre ricorda ogni anno che lo Stato NON siamo noi da sempre. E che da sempre, ognuno di noi è in lotta innanzitutto per la propria vita, non solo per viverla, ma per riaverla nelle proprie mani insieme agli altri.
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