Sophia (Robin Proper Sheppard ex God Machine) + Malcom Middleton (ex Arab Strap)
Live @ Casa139, Milano

Tutte le volte che mi reco ad un concerto di Robin Proper Sheppard, alias Sophia, i miei ricordi vanno a quel 1992 credo, quando poco più che ventenne mi recai al Bloom di Mezzago  per ascoltare il mio gruppo più amato di allora (amore inossidabile nel tempo...): i God Machine.
Purtroppo le cagionevoli condizioni di salute del bassista della band Jimmi Ferdandez, o altri motivi indipendenti da lui fecero sì che quel concerto così da me tanto atteso andò in fumo e nel mio cuoricino rimase la speranza che forse un giorno o l'altro li avrei ascoltati dal vivo. Il gruppo a breve si sciolse per la prematura scomparsa di J. Fernandez ed io non ebbi più occasione di ascoltarli dal vivo…
Ecco perché forse tutte le volte che si avvicina un concerto dei Sophia sono emozionato più che in altre circostanze: è come se rinnovassi il pensiero di quella speranza che fu e mi crogiolo nei miei pensieri immaginando le emozioni che avrei vissuto.

Torniamo a noi ed a ieri sera. Siamo in quattro: Anna, Nicola e Andrea ed io.

Siamo a sud di Milano, in via Ripamonti, nell'attesa che il portone della Casa139 (così si chiama il locale) si apra e ci faccia entrare. Stazioniamo sull'uscio d'ingresso insieme ad altre due o tre coppie e da lontano sul marciapiede arriva camminado lento, Robin che affabile e sorridente come al solito, ci saluta nel suo cappotto scuro ed entra dal portone seguito da una ragazza che come noi aspettava fuori, e che ad un suo cenno l'ha seguito. Scopriremo poi, a metà concerto, l'identità della ragazza che Robin ci ha presentato dal palco come la sua fan numero uno in Italia sempre presente ai suoi concerti.

Dopo una breve attesa, verso le nove e mezza varchiamo la soglia del portone ed entriamo in quello che era una volta un appartamento, ora divenuto circolo culturale (www.lacasa139.com) e facciamo un po' di "anticamera" nella zona riservata al bar tra una birra ed una chiacchiera, nell'attesa che preparino il palco e tolgano il cordone che impedisce l'accesso alla scala a chiocciola.
Io come al solito scalpito e per ingannare l'attesa mi guardo in giro goloso di tutte quelle nuove facce sconosciute che entrano nella sala alla ricerca di qualche volto noto o semplicemente di qualche curiosità.

Finalmente si sale; la stanza che ci accoglie è come immaginavo: di modeste proporzioni, con la luce soffusa, un mixer in fondo alla sala ed un piccolo palco sul quale campeggia una chitarra acustica, uno sgabello scalchignato, due casse ed un pianoforte appoggiato al muro. Prendiamo posto subito nelle prime file e ci accomodiamo seduti sul pavimento di parquet e tutto sembra così famigliare che mi sembra d'essere nel mio soggiorno. Saremo sì e no duecento, duecentocinquanta anime... Anime fortunate dico io...
"Magnifico esattamente quello che mi aspettavo e che speravo si verificasse…" penso io e mi chiedo come mai di locali così, dalle mie parti non ne esistano… Domande vaghe che non hanno una risposta…

Il concerto è aperto da Malcom Middleton, ex Arab Strap, sul quale non mi dilungherò perché non conosco approfonditamente nè il gruppo e tanto meno il personaggio e poi perché mi sembra di essere già stato prolisso. Sinteticamente: concerto assolutamente gradevole, anteprima dell'album solista che uscirà a breve, che si è dipanato tra una manciata di canzoni acustiche malinconiche e facilmente orecchiabili per un cantante molto tranquillo ed introverso così tipicamente scozzese nei suoi capelli e nella sua barba di colore rossiccio (non me ne vogliano i suoi fans ma per scrivere qualcosa di decente sarebbe bene conoscere almeno qualche canzone o essere quanto meno più introdotti all'argomento...).

Robin sale sul palco dopo circa dieci minuti, ci saluta con fare gioviale e si dirige verso il pianoforte; apre il copri tasti e suona due note basse con enfasi, come se fosse un navigato pianista, e poi scherzosamente si dirige verso il microfono per raccogliere il plauso per la sua breve composizione… Bene se questo significa rompere il ghiaccio, Robin lo ha fatto magnificamente; prende posto sullo sgabello, togliendosi dalla luce diretta di un faretto, imbraccia la chitarra e comincia con "Is it any wonder", così come nel 1996 aprì il suo primo album con i Sophia. Il suono è dolcissimo appena accennato e le note si susseguono come fossero di velluto e la voce ci sussurra parole dolci, "...love has no meaning..." scivolando tra i semplici accordi della chitarra e poi ancora "If only" dal secondo album, così malinconica e Robin la canta con gli occhi chiusi e poi "Oh my love" dal fortunato album "People are like season" che diventa incandescente in alcuni passaggi dove il plettro dolcemente violenta le corde della chitarra facendole vibrare in un suono che si fa pieno e corposo. Le canzoni si susseguono tra qualche novità tratta dall'album appena uscito "Technology won't save us" ed alcune gemme tratte dai dischi precedenti tra cui ricordo "Directionless" e "The death of a salesman" assolutamente toccanti e la bellissima "Swept back" iniziata e poi ripresa successivamente perché Robin non trovava la tonalità. D'altronde dice lui se dovessi intonarla come una canzonetta pop sarebbe facile… e l'accenna con un tono decisamente meno melodrammatico, per poi invece eseguirla correttamente creando un'atmosfera unica. E noi tutti ad ascoltare in silenzio, con le gambe incrociate e la testa piegata all'insù.
Non sono mancati momenti esilaranti in cui si è dimenticato le strofe delle canzoni interrompendosi di colpo ed accusando noi di averlo portato fuori strada canticchiando la strofa successiva oppure quando ha accennato ad un sogno che aveva fatto e durante la spiegazione tutti ridevano… ops mi correggo quasi tutti ridevano, per esempio il sottoscritto non rideva o al massimo accennava un sorriso di circostanza vista la non completa padronanza dell'inglese!!

Un concerto che non ha tradito le attese di noi fortunati intervenuti: canzoni dolcissime cantate e suonate con il cuore da un artista che contrariamente al mood delle sue canzoni si è dimostrato allegro, ci ha confidato di essere innamorato, giocherellone e socievole con noi pubblico con il quale si è intrattenuto anche dopo il concerto per firmare autografi, autografare ciddì e scambiare quattro parole.
Un uomo semplice, sincero, affabile e maledettamente innamorato della vita nonostante le sue vicissitudini personali credo lo abbiano segnato nel profondo; è così che vedo Robin Proper Sheppard, alias Sophia, alias God Machine. Indimenticabili.

A marzo ritornerà in Italia con la band al completo e vi consiglio calorosamente di non lasciarvelo sfuggire.

Io ci sarò.

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