E se tu riguarderai a lungo in un abisso, anche l'abisso vorrà guardare dentro di te.
Friedrich Wilhelm Nietzsche

Ho sempre pensato a questo aforisma del filosofo tedesco osservando la copertina del terzo disco degli americani. L'abisso nero, un gorgo infinito senza fondo pronto a risucchiare tutto quello che osa anche soltanto avvicinarsi. "Stillborn" richiama la morte da subito, dal titolo dell'opera: il nato morto o qualcosa di tremendamente simile.
Siamo nel 1993 ed il Death Metal si sta diffondendo con cinica violenza in tutto il mondo; rimanendo soltanto negli Stati Uniti è l'anno dei Morbid Angel di "Covenant" e dei Death di "Individual Thought Patterns". Pochi mesi prima gli Obituary hanno pubblicato quel capolavoro nerissimo che è stato "The End Complete". I Malevolent Creation non vogliono rimanere indietro, accettano la sfida e tirano fuori i cosidetti attributi. Pubblicano un disco di una fisicità e compattezza da far paura.

Lasciano da parte il Death-Thrash degli esordi, che ricordava musicalmente gli Slayer di fine anni ottanta, primi anni novanta, e forgiano un suono cupo e diretto: Death Metal senza alcun compromesso uditivo. Dieci canzoni per una quarantina di minuti nervosi e bastardissimi. Per fare un immediato paragone siamo a metà strada tra la pesantezza oscura degli Obituary, i riff intricati e macilenti dei Morbid Angel ed il delirio indemoniato dei concittadini Cannibal Corpse.

Un intro cimiteriale di pochi secondi e poi inizia il pestilenziale diluvio del brano che apre malignamente il lavoro: "Dominated Resurgency" con i suoi ininterrotti cambi di tempo ed i dissonanti ed ingarbugliati assoli di chitarra della coppia letale Rubin - Fasciana. Quattro minuti viscerali di nero orgasmo uditivo, il pezzo migliore del lotto.
"Dominion of Terror" non fa altro che ingigantire quella sensazione di claustrofobia che si avverte in tutto il lavoro. Con alcuni passaggi più cadenzati, sofferti, lenti ed ossessivi; fino al finale dove ritornano ad incrementare la velocità: mefistofelici. Un dominio di puro terrore (basta tradurre il titolo per rendere l'idea della portata del brano).

Ciò che balza subito alle orecchie è una maggiore staticità ed un minor dinamismo rispetto allo storico album precedente “Retribution”, dove il Death Metal si spogliava definitivamente delle influenze Thrash e procedeva all’impazzata devastando tutto ciò che gli si poneva davanti. In “Stillborn” invece i tempi d’esecuzione rallentano, badate bene non in senso assoluto, solo un pochino, ma quel tanto che basta a caratterizzare in maniera differente questo lavoro del gruppo. Questa scelta, decisamente in controtendenza con quella delle band contemporanee, ad esempio i già citati Cannibal Corpse, gli Immolation,i Suffocation, i canadesi Gorguts e tutti quegli altri che pigiando follemente il piede sul pedale dell’acceleratore creeranno di lì a poco il Brutal Death Metal, è probabilmente la causa della cattiva fama che circonda quest’album, basta infatti fare una breve navigata in rete per notare la moltitudine di recensioni negative su “Stillborn”. Non lasciatevi però influenzare, la qualità del lavoro è molto alta, d’altronde vide la luce nell’epoca d’oro del genere, anche se non raggiunge i fasti dei suoi due predecessori.

Il difetto principale, l’unico contro il quale si può puntare il dito, è la produzione troppo monocorde, che penalizza notevolmente la prestazione vocale del cantante Brett Hoffmann, che risulta a sua volta troppo monocorde, impostata, sempre uguale, cosa che non succedeva invece in “Retribution” pur avendo lo stesso approccio, inoltre i brani più rallentati, su tutti la title track, nella cui intro il freno a mano è davvero tirato, non vengono supportati dalla giusta atmosfera. Insomma il lavoro dietro alla consolle poteva essere svolto molto meglio, non a caso infatti il gruppo voleva tornare ad affidarsi al sapiente Scott Burns, guru del Death floridiano, ma la Roadrunner Records rifiutò l’appoggio economico, ma non solo: dopo le scarse vendite scaricò addirittura la band!

Alla fine dei conti, e alla faccia della label, “Stillborn” resta uno dei dischi più violenti di tutto il Death Metal.

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