I Manics non hanno uno standard.
I Manics colpiscono con le loro parole anche quando non te l' aspetti.

Non sono una semplice band da singoli e dal passato sfortunato.
Loro buttano nelle loro opere la giusta quantità di veleno.
Hanno lo spleen.

Ti afferrano e ti urlano che sei un miserabile e che disprezzano tutto ció che li circonda, magari citando Byron o Baudelaire, magari con dei riff killer o con un' acustica.

Ma il succo è quello. Soltanto che hanno classe.

Il secondo disco senza Richey ha degli ottimi episodi che ti spezzano il cuore a metà o ti lasciano l' amaro nell' animo ( su tutte secondo me I'm not working e Born a girl ) ma mi concentro sulla opener, che non smentisce la loro verve.

Invecchiare, forse male e incazzarsi.
Avere ancora quell' eterna energia addosso e non sapere cosa farci, come gettarla.

Certo, era bello quando all' inizio i nostri sorrisi erano genuini e ci sentivamo vincitori.
Qual' è la ricompensa? Dove posso trovarla mentre il divario tra noi si allarga ancora e ancora?

The Everlasting è il saggio che forse di questa consapevolezza non sa che farsene dopotutto, e vorrebbe tornare ad essere quel giovane pieno di incertezze.

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