Correva l'anno 1982, quando la televisione di Stato si poteva ancora guardare, nonostante l'accennato inizio del germe cattivo che avrebbe incancrenito quasi tutto il sistema televisivo e non, odierno. Il buon Marcello Ciorciolini, sceneggiatore mestierante e regista convenzionale, confezionò, per la rubrica umoristica del Terzo Canale "Che fai, ridi?" un audace mediometraggio, divenuto con l'ausilio dell'implacabile "panta rei", un cult della comicità demenziale nostrana.
Girato con pochissimi mezzi, diecimila lire di produzione e tecnica spicciola, vede come protagonista un caricatissimo e quanto mai genialmente folle, Giorgio Bracardi, variopinto creatore di personaggi assolutamente demenziali, coniati a partire dallo storico, granitico programma radiofonico "Alto gradimento".
Il titolo deriva dal nome di un ridente "ha ha" paesino dell'appennino tosco-matriciano, dove il film è ambientato. Il sipario si apre con una veduta dell'ameno paesello, indicato all'orizzonte da un cartello di legno. Le case sono dolcemente ghermite dalla leggera foschia ovattata che precede il levar del sole. Con un po' di attenzione si distingue qualche trillo cantato dalle cicale ancora in attività e un flebile soffio di vento. Le vie sono ovviamente deserte e tutto sembra tranquillo fino a quando non si materializza una figura saltellante avvolta in una sottoveste bianca. Sul capo ha una cuffia tipo Dante Alighieri. Qualche bisbiglio, le dita che sembrano voler digitare una tastiera immaginaria per poi unirsi a mò di cono ai lati della bocca. Un tuono cruento spacca la notte:" PAAAAAAATROOOOCLOOOOOOOOOOOOOOO! ‘a Patroclo, ti faccio vedere io! Gliagliaglia!". E scompare. Geniale.
E' necessario elencare e ricordare, la girandola di personaggi che compaiono in questa frizzante pellicola, tutti interpretati dal protagonista. C'è Ermanno Catenacci, fascista, ex squadrista, irriducibile nostalgico del ventennio a colpi di olio di ricino e manganello e attuale titolare di una macelleria che pesta frattaglie con lo scalpello. Le sue giornate scorrono tra i ricordi di "quegli anni" e gli scontri storico-culturali con il Professor Marcellini. Quest'ultimo, acerrimo sostenitore del Risorgimento e dei suoi pilastri, cerca di insegnare ad improbabilissimi alunni, le gesta epiche di Cavour, Mazzini, Verdi dal retro di occhiali a culo di bottiglia e spernacchiamenti ad un telefono chissà perché sulla cattedra. In questo caso è d'uopo evidenziare una satira sottile ma bruciante e terribilmente profetica, sui costumi e sulla situazione politica. Nel mezzo di una disquisizione, sul tenorile urlante, compara il modo di "mangiare" dei politici odierni a colpi di enfatizzati gnamme-gnamme con il misurato e quasi impercettibile cip-cip, cip-cip dei Grandi Politici di allora. Come dimenticare poi lo stizzito: "Chettefrega, chettefreeega! Disgrazziato!", rivolto agli alunni di fronte ad un interrogativo ovviamente inevaso.
E Onorato Spadone? Farmacista del paese per nulla inviso alle purghe lassative, prescritte come panacea per la soluzione ad ogni patologia, fino a concludere a piglio truce con il premiatissimo assioma: "L'uomo è una ‘bbestia! E la donna è ddue volte ‘bbestia!". Si passa per le incursioni estemporanee di un deejay col caschetto alla Ringo Starr, il pastore esagitato alla continua ricerca de "Li pecuri!" il vecchio Settefollino, eccezionale dispensatore di saggezze per l'unico disperato costretto ad ascoltarlo. Follie tipo: "...la pecora fa la lana, il bue no...". E quello che lo ascolta con un sospirato "...eeeh si!", è alle prese con il "Financial Times", mica con "il Resto del Burino".
Si chiude con il terribile Maestro Biscroma, pianista, che invita gli stessi improbabili spettatori alle sue composizioni. Lui, in frac, capello sconvolto, pantaloni tenuti su da una corda e scarpe da ginnastica, tra una scarrellata di tasti e qualche urlo spiritato, pretende l'applauso convinto degli astanti dopo però averli ripetutamente sputati addosso. Da ricordare, tra i caratteristi apparsi, Mauro Vestri, più noto come Guidobaldo Maria Riccardelli.
Gioiellino di una televisione di quasi trent'anni fa, ne circola qualcosa in rete in pessime condizioni. Non che qualcuno decida di riversarlo in digitale eh? No, no, no. In compenso strapubblicano in elegante cofanetto amaray similplatino menate tipo Cesaroni o altro pattume targato Merdaset e non solo.
Che bella la televisione italiana.
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