La scomparsa di un individuo innesta una serie di reazioni nelle teste di tutti quelli che gli sono stati intorno, inducendoli ad un cambiamento. E' vero il tema è già stato affrontato in "Saturno contro", "Le invasioni barbariche", "Mare dentro" (a suo modo) e Cameron Crowe c'ha fatto una filmografia intera sull'idea della rinascita dopo la morte. Per quale motivo "Monster's ball" dovrebbe fare la differenza?
Mark Forster ha cominciato, come tanti, dal basso. Dalla natia Germania sbarca ad Hollywood e inizia a lavorare nel cinema "Low-Budget", si fa notare al Sundance Film Festival con lo sconosciuto "Everything put together" e inizia a scalare piano piano. Si trova ancora ai primi gradini quando gira "Monster's ball" (Il ballo del mostro e non la palla) nel 2001, film che lo lancerà definitivamente (Alla quale fa seguito "Neverland", se possa interessare a qualcuno). Pioggia di Golden Globe, ventate di Oscar di cui uno arraffato da Halle Berry come miglior (prima) attrice (di colore) protagonista, bufere di elogi, tormente di encomi. E tanto chiacchiericcio incuriosisce, si sa.
Hank (Billy Bob Thornton) è un boia. Provvede a uccidere i detenuti condannati alla pena capitale. Il padre (Peter Boyle), che esercitava il suo stesso mestiere, è ormai infermo, mentre il figlio Sonny (Heath Ledger), che lui ha invogliato a seguire le sue orme (professionalmente parlando), sembra non riuscire ad accettare la durezza e la rigidità con la quale il padre porta a compimento il suo dovere e si rivela insofferente verso il razzismo del nonno. Le loro vite sono segnate da una continua ripetizione delle medesime azioni. L'incontro con la solita prostituta, la solita coppa di gelato gustata a notte fonda, la solita uccisione dei condannati. Durante una triste lite con il padre, Sonny si suicida e Hank decide di lasciare il lavoro.
Alle vicende della famiglia Grotowski si sovrappongono quelle di Leticia (Halle Berry), vedova di un condannato a morte (Sean Combs alias P. Diddy) portato alla sedia elettrica proprio dai Grotowski e madre dell'obeso Tyrell. Una notte Tyrell viene investito e a soccorrere madre e figlio giunge casualmente Hank. La corsa in ospedale si rivela inutile per Tyrell ma Hank e Leticia iniziano lentamente a stabilire un rapporto di amicizia e poi d'amore. Nonostante la donna scopra alla fine che Hank è il boia del marito, decide di rimanere con lui senza trovare mai il coraggio di proferir parola a riguardo.
Le vite di Hank e Leticia sono differenti all'inizio della pellicola ma si congiungono tramite un'unica prospettiva nel finale. Il protagonista maschile vive la sua esistenza come un obbligo. Sembra proprio di assistere alla giornata di un carcerato che, disponendo di pochissimo tempo di libertà, si dedica alle stesse attività alle quali riserva indistintamente uguale zelo. Come già accennato in precedenza con la stessa meticolosità Hank svolge diligentemente il suo lavoro, ha rapporti con una prostituta, assiste all'omicidio del figlio, lo seppellisce, pulisce la poltrona macchiata di sangue, soccorre la Berry e figlio, (ri)pulisce lo schienale dell'auto sporcato dall'emorragia di Tyrell, intraprende una relazione con Leticia. Quest'ultima sente tutto il peso delle sua miseria spezzarle la schiena a causa del marito criminale e del figlio che vuole a tutti i costi far dimagrire ("Perché in America un nero non può essere anche grasso"), dei problemi economici.
Quando si incontrano, l'uno rappresenta la valvola di sfogo per l'altro da quel bagaglio di frustrazioni e sentimenti repressi a lungo. Forster illustra un graduale percorso di disintossicazione che culmina in un orgiastico apice, una lunga e bollente scena di sesso che inevitabilmente si pone in confronto con quella fra Hank (o meglio Sonny) e la prostituta. La frequentazione diventa fidanzamento ma trova un ostacolo: il padre di Hank che, come detto, è razzista e non potrebbe sopportare una nuora di colore. Questi viene internato in un ospizio in modo veloce. La volontà di allontanare da se il padre e di comprare una stazione di servizio cui dare il nome dell'amata (che esagerazione... verosimilmente parlando alle più al massimo capita un canarino chiamato come lei, un mazzo di fiori e un bottone) sono i chiari segni di una paura primordiale: la solitudine. Hank fa di tutto per non scontentare Leticia e darle motivo di abbandonarlo e allo stesso modo lei non riesce a dirgli di sapere che è lui il boia del marito e rimane imbambolata fuori alla veranda a mangiare gelato insieme ad Hank, tenendo per se quella piccola verità e guardano l'immenso cielo notturno.
Non sono poche le scene che lasciano di stucco. La rabbia con la quale si rivolge Hank ai suoi sottoposti, il momento veloce ed efficace del suicidio di Sonny ("Tu mi odi, vero papà?" "Si" "Io invece ti ho sempre amato" e Bam!), il sesso meccanico con la prostituta e quello feroce con Leticia, la reazione materna dinanzi alla morte del figlio.... Impossibile restare indifferenti rispetto alla proverbiale interpretazione degli attori, Thornton su tutti.
Anche se Forster cerca di mantenersi su una linea di comunicazione tendenzialmente rapida con inquadrature e sequenze mirate ad uno specifico scopo inciampa più volte nel pericolo di riempire la sceneggiatura di temi e riflessioni di varia forma e contenuto (la pena di morte, il degrado dei quartieri di periferia americani, la triade sesso-morte-vita). Ma questo non sottrae al film neanche un briciolo del suo fascino.
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