Mark Kozelek in Italia è un piccolo evento, considerando la poca propensione che ha il songwriter dell'Ohio a suonare nel nostro Paese: mancava dal 2001. In questo 2011 decide di passare per ben due date, e poco importa se le location non sono tra le più rinomate (la parrocchia di Sant'Ambrogio a Villanova di Castenaso e il Cinema Teatro Nuovo di Varese, mancava giusto live @ Semaforo)
Non voglio tediarvi con troppi preamboli che non interessano a nessuno e passo direttamente all'esibizione: il nostro entra sul palco, accolto da un applauso fragoroso, si siede ed inizia ad accordare la chitarra. Ad aprire le danze c'è uno dei fantasmi della grande autostrada, Glenn Tipton, ed è subito emozione. La cornice della parrocchia ed il slienzio assoluto in cui Kozelek suona (rigorosamente senza plettro) la sua sei corde creano un'atmosfera irreale, dove su tutto si staglia la voce: bella, avvolgente, a tratti immusonita, a tratti incredibilmente potente.
In mezzo ai pezzi tratti dall'ultimo "Admiral Fell Promises", Kozelek si tuffa nel passato e tira fuori dal cilindro una stupenda versione di "Take Me Out", rimodellata, come tutti i classici che proporrà nella serata, al suo nuovo stile. In questa prima metà del concerto non manca qualche errore, dovuto, come ammette lui stesso, alla stanchezza da jet-lag. Sbavature che si possono benissimo perdonare quando data la qualità complessiva dell'esecuzione dei pezzi e l'incredibile capacità di far vibrare le corde dell'anima che solo uno dei più grandi cantautori dell'ultimo ventennio può avere.
Ma è nella seconda parte del set che arrivano le emozioni vere; Mark adesso ci parla di Katy, la sua musa che non c'è più, portata via da un tumore ancora giovane. Ce ne parla nella cupa disperazione di "Heron Blue", nella magia di "Moorestown", nella struggente "Blue Orchids" ("A burning star over long lost highways / my fallen love died so young / and all the gifts you gave I have them / And all you're love I'm still holding onto"). Katy vive ancora nei versi di "Katy Song", vertice assoluto della performance insieme a "Moorestown" nonchè, a mio parere, una delle canzoni più belle mai uscite dalla penna di un cantautore. Applausi, Kozelek si alza e lascia il palco, su cui poco dopo fa ritorno chiedendoci che pezzo vogliamo sentire. Dopo varie richieste quali "Mistress" o "Lord Kill The Pain" ci invita, con tanto di dito medio, a non chiedere più Red House Painters: alla fine prende in simpatia una ragazza, da cui si fa dire cosa suonare. E saranno"Carry Me Ohio" e "Summer Dress" a chiudere in bellezza la serata.
Una chitarra acustica, sei corde di nylon pizzicate ed emozioni vere, di quelle con la "E" maiuscola: questo è Mark Kozelek oggi. Teniamocelo ben stretto.
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