Un mondo che non avrebbe alcun senso - esattamente come il nostro - se non quello, salvifico, di non averne bisogno. Un mondo senza di noi, o tuttalpiù con la nostra versione light: l'uomo zero: un'essere con molto più pelo sullo stomaco ma senza nessuna coscienza aggiunta.

La natura, pur non potendo più contare sul nefasto contributo della sua creatura più imperfetta perché pensante, continuerebbe indifferente a fare quel che ha sempre fatto (fiori piante animali virus batteri incendi alluvioni stragi di innocenti e altre amenità) con il risultato che, all'uomo senza zucchero, non potrebbe importargliene un beato cazzo. Anzi, un membro erectus, perché santi e parolacce sono perversioni del sapiens, che finalmente regredito allo stato del coito, ergo-godo-e-finisce-qui, andrebbe definitivamente in culo alle categorie ormai estinte del divino dell'umano e pure del dietetico, e se la spasserebbe senza sosta con la foca monaca e il mandrillo africano tra un terremoto e uno tsunami (rigorosamente naturali).

Un uomo che, insomma, avrebbe perso lo smalto dell'umanità - incluso, e questo si che sarebbe un dramma, quello rosso di certe arrapantissime unghiute -, ma avrebbe trovato quello del chissenefrega. E ora facciamo che tutto questo non c'entra un cazzo con L'inumano di Massimiliano Parente (Mondadori, 19 euro).

Quindi vi conviene leggerlo.

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