Il Male è tra di noi.

Fra messe nere, chiese sconsacrate e neonati (forse) immolati al Maligno, fra misteriose scritte rosso sangue, incubi premonitori, riti satanici, incantesimi voodoo, sedute spiritiche, il protagonista dell'ultimo romanzo di Massimo Lugli, ''L'Adepto'', ci conduce nell'universo impenetrabile e rovesciato su cui domina, incontrastato, il Male. Un mondo pienamente alla nostra portata: basta spingersi un po' più in là, basta scrutare di persona e seguire le orme del giornalista-investigatore Marco Corvino (a tutti gli effetti l'alter-ego dello scrittore).

Un romanzo che si legge tutto d'un fiato. Non soltanto per ciò che racconta, principalmente per il modo in cui viene raccontato: mai una parola di troppo o fuori posto, mai una caduta di tono, mai una concessione alla scontatezza: scintillanti e attentissime ai particolari rivelatori le descrizioni, pieni di ritmo (quasi come la sceneggiatura di un film) i dialoghi e un finale architettato secondo le regole dei migliori thriller, con colpo di scena a sopresa dove subentra una forte impronta di ironia e humour

Corvino è un uomo maturo, un giornalista della vecchia scuola, di quelli che spremono ogni propria risorsa per la smania di vedere con i propri occhi, di quelli che mai e poi mai tradirebbero una fonte della sua rete di informatori personali. Ma è talmente tradizionalista da non essere mai riuscito a sfondare nel suo lavoro: troppo irremovibile, eccessivamente restio a venerare le alte sfere. Gli incarichi chiave del suo giornale vengono ricoperti da giovincelli rampanti che possiedono una ben differente scala di valori e principi; la quanto mai attuale figura del ''giornalista servile''. Ed è proprio uno di questi superiori, il vice-direttore, che incarica Corvino di fare luce su un recente episodio di cronaca: vicino al cimitero, il 2 novembre, viene rinvenuto un animale decapitato con al fianco un altare circondato da ceri neri ed un bigliettino insanguinato scritto in una lingua sconosciuta. Malgrado si faccia prendere da un iniziale velo di scetticismo, il protagonista constaterà a sue spese che le cose spesso nascondono una fisionomia piuttosto sibillina e risultano ben diverse da come, all'inizio, paiono delinearsi.

Sono le descrizioni il punto di forza di queste pagine. Basti pensare all'affresco che viene fatto a Lidia, che Corvino (padre ormai separato) conosce casualmente allo zoo; un colpo di fulmine che fa scoppiare in lui la passione (e l'amore) in men che non si dica. Ad impressionarlo è la sua ''dentatura da lupetta, da piccola belva'', il suo seno ''sodo ed arrogante'', la bellezza ''indecifrabile e fuori dai canoni''. Oppure il ritratto del sensitivo portoghese Giacinto, i suoi ''troppi denti d'oro'', gli anelli vistosi, ''la camicia aperta sul torace da tisico''.

Oltre ada essere un romanzo, ''L'Adepto'', può essere visto come un fascicolo dell'occulto: ci schiude prospettive di conoscenza di un mondo sotterraneo, ci svela le sue tecniche, le sue atrocità. L'inferno in cui Massimo Lugli ci trasporta è un inferno tangibile, sul cui sfondo si dimenano vittime e carnefici, nullatenenti ed ''Eletti di Satana''. Ma è anche un inferno intimo, personale: quello del protagonista afflitto da agghiaccianti crisi d'angoscia e intimidito da criminali spregevoli; quegli stessi criminali che attraverso il satanismo, tengono in pugno menti fragili, spacciandosi per seguaci di una dottrina solamente spirituale, mentre si arricchiscono grazie al (porno)mercato di filmati per pedofili. 

Inquietante.

"Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera."

(Johann Wolfgang von Goethe)

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