Continua il momento felice del cinema italiano. Veloce come il vento segna un buonissimo risultato in un genere peraltro non facile come il cinema di corse automobilistiche. Non manca qualche imperfezione, ma ci sono anche diversi momenti memorabili e decisamente potenti. Ecco, se vogliamo individuare un tratto caratteristico, possiamo dire che il lavoro di Rovere vive di momenti, sprazzi, accelerate che ti inchiodano al sedile; fa più fatica a costruire campate ampie, caratterizzazioni coerenti e profonde.

In questo modo, si hanno grandi momenti di cinema, grandi battute sempre in bilico tra ironia e baratro nichilista da una parte e strutture narrative un poco approssimative e non levigate a dovere dall'altra. Non si può negare che il risultato complessivo sia decisamente buono, ma una maggiore perizia avrebbe potuto scongiurare certi passaggi meno convincenti. Partiamo allora da questi ultimi: se il personaggio di Accorsi è davvero buono (poi dirò di più), non si può dire lo stesso per gli altri. Giulia De Martino è una figura un po' poco delineata, anche perché non è costante nella sua durezza e giustappone umori troppo alterni; non ha una cifra sua. Il fratellino Tonino e la donna di Loris sono appena abbozzati; pur avendo anche una certa evoluzione, non risultano amalgamati bene nella vicenda. Servono soltanto come strumenti della diegesi, sono dei pretesti per far reagire i due fratelli. Anche i personaggi di contorno sono un po' troppo stereotipati.

Il protagonista e mattatore Loris è tratteggiato decisamente bene, anche grazie a un ottimo Accorsi, ma si arrischia spesso sul crinale della macchietta, ad esempio ripetendo fino alla noia «Vacca boia!», oppure con alcune gestualità un po' troppo accentuate. Buona invece la scelta di farlo riavvicinare alla sorella per mere questioni economiche. In generale non si cade nella facile trappola di raffigurare un uomo marcio e maledetto e poi fargli compiere le più nobili azioni in modo gratuito. No, Loris ha un sviluppo caratteriale impeccabile, ben rifinito; le sue azioni seguono le dinamiche causa-effetto, senza atti di eroismo iperbolici.

Gli errori dunque sono veniali e anche comprensibili di fronte alla difficoltà di fare un film di corse automobilistiche che non risulti troppo tecnico e freddo, ma nemmeno amatoriale nelle sequenze di azione. Veloce come il vento è in questo senso pienamente convincente: lo sviluppo delle dinamiche automobilistiche tra i due fratelli è ottimo. Si va nello specifico delle questioni di guida ma senza risultare incomprensibili: Loris spiega dettagliatamente alla sorella come si guida, ma anche lo spettatore più inesperto comprende bene tutto, perché l'evoluzione di Giulia segue comunque una direzione abbastanza netta e ben riassunta dalla frase: «Qualche rischio devi prendertelo».

Il percorso di formazione quindi funziona e si fa apprezzare per la freschezza delle sequenze che lo narrano, soprattutto quando Loris utilizza metodi non convenzionali per indurire la scorza della sorella. Quindi bene le premesse, ma da un certo momento viene inserito un po' il pilota automatico: soprattutto quando Giulia recupera punti in classifica.

Tuttavia, quando il finale sembrava pronto per essere imboccato con gran facilità e banalità, arriva la variazione giusta che rende tutto ancora più duro e cattivo, tutto più rischioso e amaro. La corsa finale è una delle cose più emozionanti perché è davvero in bilico; sia la vittoria sia la sconfitta sono esiti possibili, grazie alla ottime premesse poste dal film. Non si può dare per scontato il successo perché Rovere ha saputo dirci prima che le cose vanno anche male. Non è una cosa da poco.

Se la gestione degli aspetti agonistici della vicenda è quindi davvero buona, narrativamente parlando siamo però di fronte a un film con alcune imperfezioni. Se certi snodi vengono introdotti senza enfasi, con eleganza, altri risultano un po' calcati per costruire una frizione emotiva molto forte fin da subito. Su tutti, la questione dell'ipoteca sulla casa; non si capisce come un padre accorto come quello di Giulia, tutto timoroso, abbia potuto fare una scelta così rischiosa. Si poteva sicuramente spiegare meglio questo passaggio, che comunque è fondamentale per dare al tutto una dimensione esistenziale.

La realizzazione delle sequenze di corsa è magistrale anche perché molte sono state estrapolate da vere gare; questo consente di superare il solito provincialismo del cinema italiano che non sa fare le sequenze d'azione eccetera. L'afflato internazionale del film è evidente e a tratti eccessivo: all'ennesima canzone elettronica durante le sequenze ad alta velocità viene un po' di fastidio. Ma anche in generale, Veloce come il vento è un lavoro molto furbo, ruffiano quando serve, che vuole piacere a tutti i costi. In alcuni frangenti riesce a conquistare con un ottimo lavoro di scrittura, messa in scena e recitazione; in altri il risultato è un po' più forzato, ma nel complesso i difetti vengono ben nascosti dai tanti, scintillanti pregi.

3.5/5

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