Ebbene sì. ZOT! I maudlin of the Well di nuovo insieme. Quando qualche mese fa Toby Driver disse che aveva intenzione di riesumare l'ensemble responsabile di due bombe atomico-lisergiche quali Bath e Leaving Your Body Map, ho cominciato a non essere più nella pelle. Poi è arrivata la richiesta di donazioni per autoprodurre e distribuire il disco. Donazioni che sono arrivate in tale quantità che non solo il disco è stato registrato, ma viene pure distribuito gratuitamente. E così il 14 maggio ce lo ritroviamo sui piccì di tutto il mondo: maudlin of the Well, Part The Second.

La seconda parte: ovvero cinque brani rispescati, riarrangiati, ricreati, risorti dal repertorio della band, ripuliti per benino (sono ormai otto anni che i maudlin sono morti). La formazione è la classica: Toby Driver a chitarre, voce e "hand claps" (wow), Sam Gutterman sulle percussioni e altri strumenti, Greg Massi (che ora suona anche nei Baliset) e Josh Seipp-Williams (dopo i maudlin anche nei grindster Triac), Terran Olson ai fiati. Si aggiungono anche degli ospiti, oltre all'onnipresente Mia Matsumiya abbiamo David Bodie, Madeleine Craw e Jim Fogarty.

Inutile dire che, alla notizia che l'album fosse legalmente (e anche in alta qualità) scaricabile, mi sono emozionato come una puttanella. Da buon fan dei maudlin, appena preso il disco, mi sono prenotato i miei 44 minuti e 32 secondi di solitudine (tanto dura il disco) e, cuffie in testa, mi sono sdraiato, occhi chiusi, e ho premuto play.

Niente da dire, sono proprio loro, i maudlin of the Well: il primo brano è un nuovo riarrangiamento basato sull'immaginifica Blue Ghost, che apriva il fantastico Bath. Più certosino e stratificato l'arrangiamento, ma ugualmente efficace. Siamo ritornati in quella non-dimensione che erano capaci di creare i maudlin, questo modo irripetibile di affondare nella musica senza affogare, questo viaggio cosciente nel subconscio, o questo modo incosciente di muoversi nella coscienza sonora.

Il disco prosegue con altre due rivisitazioni ed estratti (del 1997!) e si chiude poi con due brani più recenti (2007 e 2005). Nel complesso, si avverte il cambiamento dai vecchi motW: la mescolanza stilistica è molto meno ancorata rispetto al passato, la materia sonora si è fatta più fluida, in modo che mi ha ricordato molto Choirs of the Eye, il debutto dei Kayo Dot (ovvero i maudlin of the Well 2.0, disco tra l'altro nato con la formazione dei maudlin). Non ci sono più quegli steccati, che, seppure sfumati, indefiniti e imprecisi, vivevano nella musica di Bath e Leaving Your Body Map: l'amalgama sonora stravolge completamente echi di progressive, avantgarde, metal (niente urla stavolta, tranquilli), jazz, doomrock, ambient, chamber music, neoclassicalcontemporary concrete, semytonal indie-core, volete altri nomi? Potrei andare avanti per mesi fino a fine recensione, niente da fare. I maudlin of the Well sono giocolieri musicali, solo che giocano con l'inconscio, con quello che è possibile ascoltare nei sogni, o quello che è possibile immaginare del suono.

Gli undici minuti di Laboratories of the Invisibile World sono la conclusione che Leaving Your Body Map non ci aveva concesso, sono un momento sonoro (undici minuti come un secondo infinito) così alto che da quassù vi guardo e sembrate tutte formiche, come quella volta che ho preso l'aereo per andare a Dublino. Senza aereo, senza formiche e senza depliant informativo sulle procedure di emergenza (non ce n'è bisogno), ma alla stessa altitudine. Anche un pelino più in alto. Fantastico, accidenti. Fammela ripartire da capo 'sta canzone, tesoro. Voglio emulsionarmi sulle nuvole ancora un po'.

Non ci sono droghe ad alimentare il processo (o forse sì?) eppure la sensazione che si crea è quella, il cervello che va al 70% della sua efficienza totale (normalmente ne usiamo il 10%), in una dimensione in cui le parole hanno poco conto da sole (le voci, affogate nel mix sonoro, a volte effettate e processate), in cui poco e niente ha davvero conto in effetti. Ci sono solo questi cinque brani, questi quarantaquattro minuti, e la sensazione di aver assistito ad uno dei più graditi e al contempo più riusciti ritorni musicali recenti. Ora tutti in camera, cuffie in testa e Part The Second nel lettore, orsù.

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