5 gennaio 2008, primo concerto delle "Pollini-Prospettive".
Maurizio Pollini interpreta il primo di Brahms.
Maurizio Pollini non è il primo né sarà l'ultimo pianista ad interpretare al Parco della Musica di Roma il Concerto in re minore op.15 di Brahms.
Dal 1930 ad oggi sul palcoscenico di Santa Cecilia si sono avvicendati pianisti come Zecchi, Rubinstein ed Horowitz, una giovanissima Lya De Barberiis e poi Silvestri, Sergio Perticaroli e Gieseking, Fischer sino a Lupu ed i recenti Zimerman e Zacharias.
Ieri, giorno del suo 65° compleanno, Pollini.
LO SO! So che molti saranno pronti a dire che nel caso di Maurizio Pollini sarò andata al suo concerto pronta a cogliere la parte mezza vuota del bicchiere e con la penna intinta nell'arsenico.
Conoscevo già la versione 'polliniana' dei concerti di Brahms e già a suo tempo, non mi aveva soddisfatta né convinta. Tuttavia, se ieri sera mi avesse fatto ascoltare anche UNA sola battuta che fosse stata musicalmente bella e, appunto, convincente, sarei uscita contenta, in primis per lui.
Ed in effetti, sebbene indispettita dal titolo di 'Pollini-Prospettive' (prospettive da dove? da cosa? e perché solo quelle di Pollini e non anche di 'Volodos, Sokolov, Zimerman,' non sono tutte 'prospettive', visioni personali quelle che vengono proposte? Transeat), dicevo, sebbene indispettita, Pollini ha dimostrato, nonostante il passare degli anni, di avere dalla sua le innegabili doti tecniche che da sempre hanno caratterizzato le sue esecuzioni, ma non era su quelle che avessi dubbi, ciò che non mi è dispiaciuto quel tanto da rendermi meno 'indisposta' nei confronti di una interpretazione o 'prospettiva' ancora una volta incontrollatamente ansiogena, poco comunicativa e non musicalmente convincente, è stata la fine del secondo movimento del concerto nonché l'inizio della prima ballata di Chopin: il suo bis.
E partiamo dal bis: è sempre una scelta estremamente personale e che, di solito, cade su un pezzo a cui si tiene molto; tuttavia è davvero contro ogni legge del 'bon ton del palcoscenico' quella che tiene l'orchestra seduta, lì, ferma ed in attesa per quasi dieci minuti. In un concerto non esiste 'il' 'protagonista' neanche se è un recital; ogni esecuzione pubblica nasce dalla collaborazione-produzione di chi suona, in questo caso suona con il pianista, di chi dirige, e di chi ascolta.
E poi, QUEL Concerto dalla forma espansa a volte ipertrofica, dalla costante costruzione ed elaborazione di temi e motivi, dalla esorbitante ricchezza di eventi musicali che si susseguono senza sosta alcuna in una tavolozza di colori mai stata così ricca e variegata prima di Brahms, QUEL concerto, ambizioso quanto a dimensioni di una organizzazione formale e tonale complessa, resa ancora più intensa da una profonda espressione emozionale, è un Concerto in cui il virtuosismo del solista, è del tutto subordinato all'elaborazione sinfonica, e soprattutto è un Concerto dove il rapporto tra SOLISTA ed ORCHESTRA non è paritario ma neanche contrappositivo, è dialettico e soprattutto dialogico.
Perché allora un bis così lungo? Perché non farne allora anche uno solo orchestrale?
Ecco, in quella sola fine del II Tempo e in quel solo inizio della I Ballata, Pollini ha persino dimostrato una certa sensibilità nonché quel bel timbro e quella qualità di suono che vanamente ho ricercato nei minuti precedenti. Penalizzato certamente anche dalla acustica della sala in molti punti poco felice, il suo suono è rimasto spesso uno e poco sfaccettato: un 'mezzo forte' a volte poco più forte altre volte un po' meno, ma sempre un uniforme mezzo forte, con degli sforzando e delle accentazioni di un solista mai veramente integrato con il colore ed il Pensiero orchestrale. Peccato.
Troppo poco. Tanto poco da finire presto dimenticato di fronte alla corsa al rimpiattino con una orchestra che invece, impeccabile già nella prima parte dedicata a Bruno Maderna, poi fin dalle prime 'fatidiche' note della Esposizione, ha saputo trovare la compattezza ed il giusto colore che conviene alla musica di Brahms; dimenticato di fronte alla sua solita ansia che oltre a correre lo porta a non chiudere le frasi, accostarle fino a farle sembrare non musicali, mancare della naturale cantabilità, come nel II tema del I tempo, a volte sporcare, e proporre letture 'arbitrarie' di passaggi ritmicamente scritti in un certo modo. Per tutta la durata della sua folle corsa mi sono chiesta se ricordassi male e piuttosto che in 6/4, il I tempo non fosse scritto in un 6/8 veloce ed ansiogeno a tratti metronomico, così come mi sono chiesta se davvero la gente che alla fine lo ha acclamato ritiene che 'quella' sia stata una bella esecuzione di Brahms. Si suona bene perché si fanno tutte, o quasi, le note giuste? perchè il 'pezzo' è difficile? O perché E' Pollini?
Nella mia 'deviatissima' ottica, non esiste un 'Urtext', un testo originale ed unico dell'interpretazione ma tutte hanno diritto di cittadinanza: in quanto soggettive sono 'proprie' e personali ma devono in ogni modo rispondere al criterio dell'espressivo 'comunicare'.
Lasciare intravedere una visione, un mondo interiore, un sogno ad occhi aperti.
Se le qualità 'comunicative' per motivi diversissimi, in un artista non sono o non sono più particolarmente evidenti, come un oratore che all'improvviso si scoprisse muto, che almeno proponga qualcosa non di forzatamente originale o diverso da quanto è scritto, ma coerente, convincente e realmente 'prospettico'.
In questo Concerto di prospettico, nel senso di 'futuristico e non futuribile' ho sentito solo la musica meravigliosa dell'Adagio che porta le parole 'Benedictus qui venit in nomine Domini' chiara allusione di Brahms alla morte dell'amico Schumann e alle affinità tematiche con la melodia del Benedictus' della Missa Solemnis di Beethoven, suonata però a metà strada tra Schoenberg e Baglioni.
Così è, se vi piace.
A me no, non piace una musica che non è Musica.
E tuttavia questo mi ha permesso di apprezzare maggiormente la 'Musica' che si fa in un 'Salotto' quasi di altri tempi, dove, a casa di Roberto e Lucia si riuniscono musicisti da ogni parte, concertisti, studenti, semplici appassionati; dove tutti si 'esprimono'mettendosi veramente in gioco; dove tutti mettono in comune i propri talenti e la Musica viene vissuta, suonata e recepita come un 'dono' perché è il dono del 'sé' di quel momento e dove ho ascoltato una delle più autenticamente Sentite, Emozionanti interpretazioni del Preludio op.28 n.4 di Chopin fatta proprio da Roberto, che nella vita è avvocato, per poi divertirmi delle improvvisazioni di una musica fatta ed amata a tutto tondo, dal Jazz al Lounge, del loro TRIO RAGIO DI SOUL. A loro dico grazie.
Un tempo, dopo un concerto come quello di ieri sera sarei tornata a casa priva di energie, delusa e persino arrabbiata.
Pollini può continuare a 'suonare' come vuole e la gente può continuare a pensare che faccia Musica. Fa solo una parte. Io, da parte mia, ritengo un dono l'aver conosciuto persone che mi permettono di tenere sempre a mente il significato delle parole 'comunicare idee ed emozioni', comunicare sé: SUONARE.Carico i commenti... con calma