D’accordo, c’è anche chi arriva a telefonare ad un’improbabile pubblicità televisiva per richiedere una “fantastica suoneria” interpretata da una vacca “canterina” o da una “topona tuca-tuca”; ma questi son casi umani, che rappresentano altrettante cause perse in partenza.
Rientrando nella normalità, che, beninteso, non son convinto rappresenti la maggioranza della popolazione, credo si possano sommariamente così suddividere gli scettici, di fronte a quella strana cosa chiamata spesso erroneamente “musica classica”.
Alcuni provano un senso di inadeguatezza, una sorta di soggezione, scaturita probabilmente dall’idea che la musica in questione provenga da ambienti “alti”, culturalmente elevati, frequentati dalla società “bene” formata da imparruccati e da nasi all’insù.
Altri ancora, credono che la “classica” sia quella musica rilassante, da ascoltare come sottofondo e alla domanda “che musica ti piace?” rispondono di getto: “mi piace molto Vivaldi, specie le Quattro Stagioni!” non rendendosi conto che tale risposta è dettata unicamente dal fatto che, almeno in Italia, l’opera e l’artista, non necessariamente più noti, ma sicuramente più direttamente collegabili, siano proprio Vivaldi con le sue “Quattro Stagioni”.

Questa recensione/invito è rivolta alle persone che si identificano con la descrizione fatta sopra. Il gruppo della vacca cantante non mi interessa prenderlo manco in considerazione, permettetemi un po’ di intolleranza gratuita: quest’estate non è sicuramente cominciata nel migliore dei modi, mettici anche il caldo, anzi, come si dice nei vuoti di dialogo, “non è tanto il caldo ma l’umido!!”, mettici che se bevi un bicchiere di troppo equivale a sudare per sei giorni e infine mettici pure che il prosciutto e melone non sono tra i miei piatti preferiti. Insomma, consentitemi di snobbare senza troppe giustificazioni queste persone senza necessariamente essere apostrofato come il tipo chic che ascolta musica classica per fare il figo, e se anche così fosse, avete appena sfornato un terzo gruppo al quale la recensione è rivolta.

Bene, inizia l’invito…
Ritagliatevi una mezz’oretta, preferibilmente all’imbrunire, dopo che una giornata di lavoro o di vacuità vi ha sedimentato una buona dose di uggia, ma nonostante questo siete comunque potenzialmente ricettivi a qualcosa di nuovo, almeno per dar una possibilità ad una ventata di brezza emotiva.
Nel frattempo vi sarete procacciati il cd con il concerto per pianoforte e orchestra in sol maggiore K. 453, n. 17 di Wolfgang Amadeus Mozart, splendida l’incisione con Pollini al piano e direzione d’orchestra e la Wiener Philarmoniker (l’Orchestra filarmonica di Vienna).
Per contribuire a togliere un po’ di imbarazzo iniziale nel sentire tali misteriose espressioni, premetto che: Mozart è un simpatico compositore conosciuto da tutti, almeno come nome e come buonissime “palle” di cioccolato (in vendita nei migliori autogrill). Nella sua breve esistenza ha affrontato tutti i generi musicali del tempo portandoli ai massimi livelli espressivi. Nato nel 1756 a Salisburgo lasciò la vita terrena nel 1791 a Vienna ridotto in povertà e in oblio: nella migliore tradizione quindi.

Il concerto può sommariamente definirsi un genere musicale che prevede uno strumento solista (in questo caso il pianoforte) ed un’orchestra, le due parti, suonando ora sole, ora insieme, danno vita ad una sorta di “dialogo musicale”. Esso si divide solitamente, come in questo caso, in tre movimenti, quelli, per intenderci dove al termine di ognuno c’è sempre qualche spettatore che non resiste a batterci sopra maldestramente le mani, per poi vedersi attorniato da molteplici sguardi torvi e dondolanti di commiserazione.
Il numero dopo il K. sta ad indicare la catalogazione in ordine cronologico che venne fatta da un certo signor Köchel, nel 1886, dal quale appunto la K. iniziale. La tonalità può essere, in modo molto semplificato, intesa come un insieme di note appartenenti ad una determinata scala entro la quale il compositore pesca, seguendo i principi della melodia e dell’armonia, il necessario per comporre un brano musicale.
Perdonatemi la brutale semplificazione dell’argomento, ma potrebbe aiutare qualcuno ad avvicinarsi con minor circospezione alla musica in questione.

Ma adesso è proprio giunto il momento di far girare questo benedetto ciddì, di modo che la sua forza centrifuga possa far scagliare addosso un bell’impasto di note mozartiane, e voi, pronti ad acchiapparne la maggior quantità possibile, mi raccomando!
Si parte con l’Allegro, dove una leggiadra ed aggraziata spensieratezza prende forma, quasi ad imitar un fischiettio di ottimismo e di voglia di condividere con gli altri la propria gioia. Tutto questo viene interpretato da un “giocare di note” emesse ora dall’orchestra, ora dal pianoforte, formando un dialogo di equilibrio e compostezza di gusto puramente classico. Echi di gravità, in perfetto stile mozartiano, si accompagnano a cambiamenti di tonalità, affacciandosi verso la metà del movimento, per poi ripetersi fino alla fine, quasi a voler sottolineare che anche la più lieta felicità non può esistere senza insinuazioni di cupezza.
Nell’Andante, l’orchestra apre le danze con una melodia che si insinua fin da subito dentro di noi, lasciando poi il discorso al pianoforte che riprende e aggrazia un tema di disarmante e malinconica bellezza, avvolgendoci con un manto di soavità, in un abbraccio talmente intenso da farci schizzar via le ansie depositate; ed i pensieri sembrano assurgere alle sembianze di liberi cavalli al galoppo, quando prima non erano altro che somari sovraccarichi e infiacchiti.
Un esplosione di gioia è rappresentata dall’Allegretto, nel quale riprende il giocare dell’orchestra e del pianoforte e il discorso si alterna tra scoppi di risa e frasi dal tono più grave e nel gestire tutto questo, Mozart è maestro assoluto, rendendo fluida e ben amalgamata questa alternanza di linguaggi così apparentemente dissimili tra loro. Trilli, esplosioni, rapide di note, concludono un concerto che “come tutte le più belle cose”, quando termina lascia quasi un senso di vuoto, di spaesamento, una strana sensazione tra la felicità per quello che si è provato e la malinconia per ciò che già un po’ manca.…e se così fosse, siete sulla buona strada per evadere di diritto dalle classificazioni fatte all’inizio ed il mio farneticare non sarebbe stato del tutto vano.

Credo che qualsiasi forma d’arte possa dare qualcosa a chiunque e la musica classica non fa eccezione; certo il grado di sensibilità e di conoscenza di ognuno darà la forma e la sostanza del proprio sentire, ma senza concetti di esclusività. Almeno l’emozione è conquistabile da tutti e precludersene la conquista può essere, a volte, un vero peccato.

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