Tratto da un romanzo di Vitaliano Brancati ambientato negli anni venti a Catania (che coraggio), il bellantonio è la storia di Antonio (ma non mi dire) interpretato da Marcello Mastroianni.
Figlio di una famiglia alto-borghese di Catania, Antonio è appena tornato da un lungo soggiorno a Roma dove pare abbia fatto, come suo solito, stragi di donne.
Antonio è proprio bello… sobrio ed elegante con quelle ciglia così lunghe, le donne cadono letteralmente ai suoi piedi, si mormora che abbia reso cornuto più di un eminente marito siciliano, quell’avvocato per esempio…
Antonio però non è più un ragazzino, bisogna che prenda moglie… è questa la massima ed unica aspirazione dei suoi genitori.
Come era in uso a quei tempi i genitori avrebbero anche già trovato una potenziale moglie per lui che risponde a tutti i requisiti a loro congeniali: giovane, illibata, onestissima e (soprattutto) piuttosto ricca…
Anche gli antoni belli non se la passano male, il padre ha investito tutto in un terreno, un aranceto, saranno 20mila alberi da frutto… cosicchè anche i Puglisi sarebbero d’accordo.
Lei è Daniela Puglisi (una Claudia Cardinale giovanissima e bella da togliere il fiato).
Antonio per un caso fortuito entra furtivamente in possesso di una sua fotografia e se ne innamora all’istante.
Papà, mamma… sposerò Daniela Puglisi!
È fatta, i genitori sono in brodo di giuggiole non s’ha che da gridarlo immediatamente a Catania tutta e da organizzare ogni cosa per bene.
Antonio però ha uno scheletro nell’armadio piuttosto ingombrante.
Da adesso in poi non è possibile proseguire nella recensione senza parlare di questo scheletro che è lo scheletro (ahah) del film, anzi è proprio la tematica principale è praticamente tutto…
Siccome è un colpo di scena clamoroso e si rivela più o meno a metà film, chi è intenzionato a vedere il film si fermi qui.
Oddio al limite si potrebbe anche far finta di niente e continuare a leggere anche senza aver visto il film, dato che la prima parte in fondo non è che un lungo prologo.
Vuoi continuare?
Prego, accomodati.
…e così Antonio e Daniela si sposano e vanno a vivere nel di lui casale di campagna là dove c’è l’aranceto di famiglia.
Antonio è davvero innamorato, le è sempre accanto, la riempire di coccole di baci (Antonio tu mi baci sempre mi dai un milione di baci…)
MA…
Ma Antonio non fa l’amore con la moglie e non è perché non lavora…
Antonio non riesce a fare l’amore con sua moglie!
In realtà Antonio è praticamente impotente! Chi l’avrebbe mai detto? Proprio lui… il bellantonio!
È un autentico disastro… dai e dai Daniela lo dice in famiglia, il matrimonio s’ha da annullare!
La sceneggiatura fu scritta dal regista Mauro Bolognini e da Pier Paolo Pasolini.
Il film è del 1960 ed è riadattato a quei tempi sebbene il romanzo, invece, sia ambientato negli anni 20 (che coraggio il Brancati, ripeto!). Ad ogni modo portare una tematica nel genere anche nell’Italia di inizio ’60 era ancora più che scabroso, certe cose non s’hanno da sapere!
Bolognini era omosessuale e, soprattutto, non era politicizzato, non era schierato, non frequentava i “salotti buoni” …a differenza di Luchino Visconti, omosessuale anche lui ma “comunista”.
È per questo che venne sempre tenuto in disparte sebbene fosse un regista di prim’ordine, al pari dei vari Fellini, De Sica, Visconti eccetera.
È per questo che i suoi film, quasi mai sono passati nelle tv di stato negli anni a venire.
Quanti di voi, cinefili esclusi e qua ce ne sono pochi, possono dire di aver visto il bellantonio? Eppure il titolo vi dice qualcosa, nevvero?
Eppure Bologni sul DEB non c’era proprio… ma adesso c’è…
Il film è una radiografia di certa Italia. Spiazzante, incisivo. Raffinato, corrosivo.
Bolognini non risparmia la politica e il clero e ne fa un ritratto preciso e devastante. Politici papponi, mezzo ubriachi, stravaccati in poltrona nelle loro festicciole con puttanelle assortite, preti ammanicati con i riccastri catanesi (questo matrimonio non consumato per la chiesa non è valido! Sì ma dove sta scritto?)
Sento che sto per dilungarmi ma taglio corto che tra poco ho il centralino.
Bolognini fu un grandissimo regista. Eh già perché il film è (anche) tecnicamente superlativo, si veda la scena (di notte fermi in macchina, una decappotabile) della “confessione” di Antonio a suo cugino, un giovane, irriconoscibile e già bravissimo Tomas Milian. Una fotografia di grande rilievo.
Ed il finale? Rarefatto oserei dire Bergmaniano (Antonio è al telefono c’è un secondo clamoroso colpo di scena che non vi dico) , con lui che parla con suo cugino mentre una calda lacrima silenziosa gli riga il volto.
E la sequenza in cui Antonio viene ripreso al centro in figura intera mentre vede Daniela nel sedile posteriore dell’automobile che la sta portando via?
Recuperate i film di Bolognini… diversamente… ARRANGIATEVI!
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