Due mani che disegnano... quale delle due disegna l'altra? Chi ha impugnato per prima la matita e cominciato a disegnare la manica da cui sbuca fuori l'altra mano?

Nonostante Escher sostenesse che il significato di un'opera si fermi alla sua mera e semplice rappresentazione, la particolarità dei suoi disegni ci invita ad andare al di là di essi.

Mani che disegnano è una litografia del 1948.

Ad un primo sguardo potrebbe sembrarci che la mano destra stia disegnando la manica della sinistra... però, riguardando attentamente, appare il contrario: la mano sinistra che poggia la punta della matita sulla manica della mano destra sembra ormai stanca di disegnare ed è così inclinata verso il foglio, come se fosse in posizione di riposo. Mentre, la destra, rialzata sul foglio grazie ad un effetto di rilievo incredibilmente realistico, è intenta a disegnare l'altra manica. E' da notare come l'effetto del rilievo sia dato dalle ombreggiature che Escher ha disegnato sul dorso delle mani e sulle dita. Sembra che pian piano le mani prendano volume e allo stesso tempo vita dal foglio. Le maniche sono rapprensentate a due dimensioni e anche parte del polso; poi le mani prendono volume e si rialzano rispetto al piano bidimenzionale del foglio.

Forse queste mani così vive avrebbero poi deciso di staccare, da quell'ipotetico foglio, le puntine che lo tengono fisso sul piano, e così uscire da quella gabbia di carta... continuare a disegnare il resto del corpo, finendo insieme di tracciare le linee di matita sulla bocca della persona che avrebbe posseduto quelle mani, e dargli infine la voce.

Infondo però, riflettendo sull'opera di Escher, bisogna indirizzare la nostra attenzione su un particolare: se la mano destra fosse la prima mano che avrebbe dato vita alla sinistra, allora cosa ha dato precedentemente vita alla destra? Siccome è impossibile stabilirlo credo sia meglio dunque considerarle l'una come la conseguenza dell'essere dell'altra. Una sorta di ciclo infinito come in altre sue opere, quali "Cascata", "Rettili" e "Relatività".

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