In un'isola del Pacifico, a pochi chilometri dalle spiagge del Costa Rica, un miliardario ha concepito, elaborato e dato vita ad un parco a tema totalmente dedicato ai dinosauri - ma il particolare scioccante è che i dinosauri sono vivi. E' questo il quadro che dopo pochi capitoli si delinea nel romanzo forse più famoso di Michael Crichton, "Jurassic Park". Lo scorso 4 novembre Crichton è deceduto nella sua casa di Los Angeles, stroncato da un cancro di cui pochi, oltre i suoi familiari, erano informati. Aveva sessantasei anni, e da poco più di un anno aveva lasciato alle stampe "Next", un libro interamente dedicato alle nuove questioni etiche relative alla manipolazione dei geni.

La scienza, le sfide dei ricercatori e le connessioni delle nuove scoperte con i nostri più saldi principi etici e morali sono sempre stati gli argomenti prediletti da questo scrittore che attraverso quattro decadi ha incantato, istruito, formato le menti di milioni di lettori (150, per la precisione). Io sono stato tra questi. Il mio sodalizio con questo autore è cominciato quando avevo dodici anni; posso tranquillamente affermare che oggi non sarei parte di ciò che sono oggi se non fosse stato per Michael Crichton. Quantificare tutto ciò che questo autore mi ha dato sarebbe difficile; è inoltre un affare privato, che non sono chiamato a fare su un sito di recensioni. Ciò che posso fare per onorare la sua memoria è consigliare a tutti, tutti coloro che si definiscono lettori, tutti coloro che pur non considerandosi pensatori sono interessati a conoscere il mondo, le sue dinamiche, le strade che in futuro l'uomo calcherà, forse, grazie alla scienza, la lettura dei testi di Crichton. Non perchè siano vibranti romanzi di formazione, non perchè siano libri intrisi di riflessioni esistenziali (sebbene forse "Viaggi", l'autobiografia datata 1987, possa essere considerato un libro di esperienze e di riflessioni), ma perchè si tratta di opere che dipingono quello che è il mondo oggi, nelle sue derive più profonde, nelle sue dinamiche complesse, nell'influenza pressante e sottile della tecnica, per dirla con Heidegger - credo che il nostro avrebbe gradito.

Parlavo di "Jurassic Park". I critici superficiali che magari hanno solo visto il film di Spielberg (bello, certo, ma il libro è un'altra cosa), probabilmente convivono con l'idea che il romanzo che c'è alle spalle sia un gustoso libro di avventura, ma niente di più. Diranno: "Dietro alla pur geniale invenzione delle metodiche di clonazione dei dinosauri non ci sarà poi granchè." Niente di più sbagliato. Questo romanzo delimita le traiettorie della scienza moderna, anticipando gli eclatanti casi odierni di problemi etici connessi con le questioni della clonazione, del controllo sulla vita, del potere che la tecnica dona all'uomo, un potere sregolato che nasce per fini puramente economici e si stratifica nella società senza che nessuno tenti di contrastarlo, o di dare vita ad una riflessione il più possibile oculata e approfondita, documentata. Crichton amplia i suoi magistrali scenari adrenalinici e le sue immagini sempre forti e appassionanti con monologhi (solitamente incarnati nella figura del matematico Ian Malcolm) che rappresentano il nucleo concettuale del romanzo, la sua vera ragione d'essere. Così, matematica, filosofia, biologia e storia si intrecciano in una riflessione che prende spunto dalla catastrofe scatenatasi nel parco - lo sappiamo tutti: i dinosauri fuggono dalle gabbie, si scopre che si possono riprodurre nonostante fossero nati tutti dello stesso sesso, e in breve tempo il controllo umano viene soppiantato dalla forza della natura selvaggia e senza freni - per interrogarsi sulla posizione dell'uomo nel mondo, sul destino biologico della vita e sulle dinamiche profonde che contraddistinguono il reale (è il caso della lunga e interessante riflessione sulla Teoria del Caos). 

Gli agguati dei velociraptor, l'irrompere del tirannosauro, sono solo la cornice adrenalinica e d'effetto che racchiude in sè un'immagine più profonda e radicata, lo scontro con la natura, con i rischi di cui noi stessi siamo fautori, con le nostre paure e le nostre più latenti tensioni. Chi è abituato alla poetica di Crichton ritroverà questi temi in altri romanzi, come ad esempio "Sfera", "La Grande Rapina al Treno", "Congo", "Il Terminale Uomo", "Preda", o nel seguito conclusivo del ciclo dei dinosauri, "Il Mondo Perduto", romanzo forse ancor più curato del precedente e purtroppo rovinato dalla trasposizione cinematografica che come sempre ne ha esaltato il semplice aspetto spettacolare tralasciando tutto lo sforzo teorico che è ciò che di questo scrittore meno è stato colto dai media e dall'opinione comune, che lo ha sempre più o meno classificato come autore minore capace solo di sfornare best seller di successo privi di sostanza. Niente di più sbagliato.

Crichton è sempre stato di animo forte, ha sempre accettato le sfide ed ha saputo mettersi in gioco fino alla fine. Solo pochi anni fa, quando la stampa d'oltreoceano lo accusava di giocare da arrivato, ha pubblicato il suo romanzo forse più discusso di sempre, "Stato di Paura", un thriller dove attaccava la lobby ambientalista sostenendo la necessità di un nuovo paradigma attraverso il quale guardare alla natura e ai cambiamenti climatici, non viziato dai pregiudizi del sentito dire e dagli allarmismi di parte. Anche in quel libro, ancora oggi, Crichton rimane un autore dalla duplice faccia. Un autore che colpisce ai muscoli, ma che fa ragionare, che ti fa sobbalzare sulla sedia per i continui colpi di scena, ma che ti sa anche incantare e istruire mostrandoti realtà che ti appartengono, che appartengono al nostro mondo, e che lo riguarderanno sempre di più, ma che pochissimi altri autori oggi sono in grado di dipingere con altrettanta chiarezza, con altrettanta intensità, con altrettanta consapevolezza.

So di non aver adempiuto del tutto ai miei compiti di recensore, ma d'altronde il mio vero intento era rendere omaggio ad uno scrittore e oserei dire ad un uomo che è stato per me maestro di vita. So di non meritare la comprensione di tutti; spero solo che, per rispetto all'autore, non ve ne usciate con commenti fuori luogo. In fondo il fine ultimo delle discussioni sulle opere d'arte, sui libri, i dischi, i film e qualunque altro tipo di espressione delle dinamiche del reale è lasciare che l'oggetto in sè sia ricordato nei decenni, che il suo valore intrinseco non vada perso, che permanga nei cuori di chi ha amato quell'opera la sensazione di un'emozione condivisa con qualcuno.

 

In memoria di Michael Crichton (1942 - 2008). Grazie. 

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