Quando l'ho letto ci ho ritrovato una parte dei ricordi che mi legavano a mio nonno, ho trovato la sua saggezza che condivideva e ampliava insieme agli anziani del suo paese natale, tra i monti dell'Irpinia. Ho rivisto la mia immagine che, da piccolo, andava la mattina in giro per il paese a compiere le commissioni che il nonno mi metteva su un foglio di carta e quelle che andavano fatte ogni giorno; mi sono rivisto quando venivo fermato da gente che non conoscevo ma sapevano chi fossi e di questa "dote", col tempo, ho imparato a non sorprendermene. Tutto questo mi ha forgiato e reso una persona migliore di quello che potevo essere senza stare assieme a lui a salutare frequentare persone che, anagraficamente, non mi sarebbero dovute riguardare e che, nelle idee, sono state molto più importanti di molti miei coetanei espressione di un vuoto di pensiero allucinante. Tutti loro, al funerale di mio nonno, li ho ritrovati e mi hanno trattato da uomo degnandomi di un rispetto e di una responsabilità che ancora adesso sono difficili da sostenere.
Mio nonno amava la Sardegna, avrebbe amato il mondo che è descritto in questo libro e le perle di Saggezza che vi trovate. L'ho letto coi miei occhi ma ci ho riflettuto sopra con due teste: la mia e la sua.
Un libro piuttosto breve, con un'intensità morale straordinaria e fautrice di un mondo che sembra non esserci più e invece è immerso nella realtà molto più di quanto si possa immaginare. La storia di Maria e di Tzia Bonaria Urrai contiene temi di una drammaticità e di una potenza devastanti, impossibili da trattare per chi non è in grado di dosare le parole e di utilizzarle al momento opportuno. Michela Murgia ci riesce, arrivando a trattare argomenti scomodi senza nominarli o farci riferimento indiretto.
Compratelo, non fatevelo prestare. E' di uno di quei libri che andrebbero letti e riletti, anche al costo di aprire ricordi e ferite dell'anima che bruciano ancora quando vengono evocate...
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