Il panorama jazzistico al giorno d'oggi risulta pieno di grandi musicisti, ma purtroppo quest'ultimi sono sottovalutati e semisconosciuti a causa della scarsa diffusione del jazz tra i giovani e il modesto appoggio che il genere ha da parte di radio e televisione. È un peccato, poichè in questo modo spesso sfuggono ottimi musicisti. Tra questi vorrei porre alla vostra attenzione Michele Francesconi, nome quasi sconosciuto, e la sua piccola orchestra.
Si è esibito al Dean Benedetti Jazz Festival e all'Edinburgh Jazz and Blues Festival. Sono venuto a conoscenza di questo autore grazie ad un mio amico - appassionatissimo di jazz, il quale ha anche personalmente conosciuto Arrigo Polillo - che segue spesso queste manifestazioni musicali. Mi ha prestato una registrazione e devo dire di esserne stato positivamente impressionato.
A differenza del titolo, il disco non è composto solo da improvvisazioni dal vivo. Infatti la metà dei pezzi contenuti sono realizzati in studio, ma non svalutano affatto la qualità del disco. Questa è una delle cose che mi è piaciuta di più del disco: il tentare di ottenere un effetto simile a quello dei vecchi dischi in vinile strutturandolo su due lati.
LATO A:
Il lato A, come suggerisce il titolo del disco, è formato da un'unica traccia di 15 minuti. Si tratta di una lunga improvvisazione che passa anche attraverso "temi" di pezzi famosi, come "My Favorite Things", "Jitterbug Waltz" e "Blue Monk". Il pezzo inizia con un semplice riff al pianoforte, facilmente orecchiabile. A questo si aggiunge la batteria, che poi parte in un assolo. Solista diventa poi il sax tenore, regalandoci numerosi sovraacuti fischianti, a lungo applauditi dal pubblico. C'è una breve ripresa da parte del pianoforte, poi la parola va alla chitarra. Purtroppo il suono di quest'ultima stona un po' sul resto degli strumenti, forse perchè a suonarla è un esterno, non facente parte dell'orchestra di Francesconi. A questo punto c'è la ripresa della maggior parte dei fiati, che girano attraverso i pezzi già citati, sfiorandoli quasi. Qui la traccia si conclude, senza farci accorgere che è già passato un quarto d'ora!
LATO B:
La maggior parte delle tracce sono rifacimenti di pezzi ormai resi famosi nel passato. Tra questi compaiono "Creole Love Call" di Ellingtoniana fama eseguita in modo magistrale. Al centro del pezzo le note si fondono in un'unica melodia astratta, apoteosi di freschezza e novità. Qui si perde quasi il contatto con il mondo esterno, assorti in un tripudio di colori e suoni.
Il secondo pezzo ripreso è la celebre "What Did I Do (To Be So Black and Blue)?", resa famosa dalla voce di Louis Armstrong. L'esecuzione è anch'essa di buona qualità, anche se a volte un po' piatta (soprattutto nella parte cantata).
Segue "Honeysuckle Rose", sempre di Fats Waller, in una versione più lenta del solito, ma anche più "maestosa". Rammenta un po' l'esecuzione data del pezzo da Grappelli e Reinhardt, non tanto per il modo in cui viene suonata ma per l'atmosfera quasi "francese" che ha.
La traccia seguente è "'T Ain't What You Do", resa celebre dall'orchestra di Jimmie Lunceford, dove lo stesso Francesconi canta (non troppo bene, però. La sua voce mi ricorda un po' quella di Natalino Otto. . . ). Il pezzo è contraddistinto da un arrangiamento agile, quasi scattante, che non fa rimpiangere l'epoca d'oro del jazz.
I pezzi nuovi presenti, scritti da Francesconi o da membri dell'orchestra, non sono di grande freschezza o originalità, ma ascoltabili e piuttosto orecchiabili.
Purtroppo il disco dura solo un'ora e dieci circa, lasciandoti bisognoso di ascoltare ancora.
Il sito dell'artista (ancora in costruzione e su siti web non a pagamento) è il seguente: http://www.freewebs.com/francesconijzz/index.htm
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