È l’ordine delle tracce ad ammaliare, ad ipnotizzare.

È l’ordine delle tracce a trasformare un album in una colonna sonora: questo Haruomi Hosono lo sa bene.

Tirati fuori da un armadio dimenticato i panni di Harry Hosono — il bel gagà ’50s che aveva prodotto svariati lavori tropical-kitsch negli anni immediatamente precedenti alla pubblicazione di “Magica Orchestrina Gialla” (1978)— e rimessosi a sognare un mondo che non esiste più, e che forse non è mai esistito, Hosono mette in musica questo sogno.

Questo è uno di quei sogni ovattati, tiepidi, ma non privi di ombre, che Hosono deve aver assorbito dall’immaginario lynchiano, ma che deve anche aver vissuto sulla propria pelle.

Un sogno nebuloso, di quella gioconda nebulosità così caratteristica dell’arcana fantasia di Hosono, che la voce di Miharu Koshi riesce, palesandosi e nascondendosi, a portare sino ai più soavi lidi di nembi, alle più evanescenti dipartenze notturne.

Un sogno che ha bisogno di sedimentare.

Riascoltandolo a distanza di tempo, ridando forma a questo ammasso di nembi opalini, le parole infine diradano.

Il vento posa, i fiori caduti si ammucchiano

Oltre le tende, masse rosate, cumuli di neve.

Perdura il ricordo dei meli fioriti

Ora che la primavera si consuma.

Il vino agli sgoccioli i canti alla fine le coppe di giada vuotate

La fiamma vacilla ora opaca ora chiara.

L'animo anche nel sogno non sopporta l'angoscia

Mentre incombe lo strido dell’averla.

风定落花深,

帘外拥红堆雪。

长记海棠开后,

正是伤春时节。

酒阑歌罢玉尊空,

青缸暗明灭。

魂梦不堪幽怨,

更一声鶗鴂。

(Li Qingzhao [李 清照] (1084-1155), trad. it. A. Bujatti)

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