Pochi si aspettavano che nell' A.D. 2004 il popolo dei Cowboy, dei rodeo e delle scintillanti luci nel deserto, ci sarebbe ricascato ancora. Eppure, il cartellino viene timbrato nuovamente nella sponda est, e il merluzzo impanato espressivo dei titoli di testa di Fahrenheit 9/11 ritorna di nuovo nelle Ardenne, con la sua delirante missione di pace. Molti lo speravano, altri meno.

Se i suoi più grandi detrattori si limitavano a fare spallucce e a confermare il loro pensiero di Manzoniana memoria, i suoi sostenitori organizzavano veri e propri Rave fracassoni e nostalgici da mille e una notte. A quell'epoca alla balena bianca non passava nemmeno per l'anticamera del cervello che la gente facesse sesso nelle camere degli Hotel, nonostante i viaggi sulla luna e Blues Naturali facili facili.  

Ma come direbbere il buon Carlo Lucarelli, questo ci tornerà utile più tardi. Facciamo un passo indietro di qualche anno. Sono i favolosi anni '90, e nelle discoteche di tutto il mondo impazzano dj facilotti, trainati da singoloni rapinati di mano in mano.  Nel ghetto Nigga-Nigga, Spike Lee si diverte a girare film con vere Star (future) del Basket. In quel mentre, 5 cristoni compongono la colonna sonora. Il film si intitolerà "He Got Game", e sarà la crème dei film sul basket.

5 Cristoni con già allora 10 anni di carriera sulle spalle, tra discese e salite che manco Petacchi. Erano gli anni della rivincita (parziale), dei testi furiosi e politici, delle rivoluzioni musicali senza compromessi. Poi il favoloso mondo del sublime e delle gambe larghe facili circonda sempre il pensiero di ogni essere umano. PCP, Polvere d'angelo, pillole della pace e il silenzio fino al 2004.

L'incontro tra il Guru dell'elettronica e Flavor Flav non è del tutto casuale. . Dall'altra parte del mondo infatti, mentre si cerca un uomo coi baffoni, gente innocente muore bruciata ogni giorno. Sono i tempi dell'elettronica spicciola, da 4 soldi. Il Cocoricò conosceva la sua espansione, e i vari Emanuel e Lou Belluci si accontentavano di qualche pezzo di pane per cena.

Ecco che spunta come un fulmine a ciel sereno, GRANDE GIOVE!..., la collaborazione tra Moby e i Public Enemy, che sta come la nutella sulla pastasciutta (almeno sulla carta). E' l'inno al power flower, al "Make love Fuck War", è un groove ipnotico,  insistente, cattivone, che ti si infila sotto la pelle. E' il grido verso un nuovo cambiamento (premonitore), che sfortunatamente (o fortunatamente) non avverrà quell'anno. E' un disco che suona nei club particolari, è un disco che verrà dimenticato troppo in fretta da badilate e badilate di mediocrità.

Manifesto incazzoso del ghetto americano, questo "Make love, Fuck War" è un pezzo da tenere stretto come un talismano nella notte dei desideri. Meno politically correct di quel "Yes we Can" canticchiato dai vari Will.i.Am e Scarlet Johanson, questo viaggio ipnotico termina dopo 3 minuti e 27, lasciando un vuoto (o una speranza) per il futuro.

E intanto l'elettronica spicciola rimane, il Big Beat è accantonato, La balena bianca è in preda a deliri compulsivi verso dance morta e stramorta da Dirk Diggler. Ma un uomo giovane, bello e abbronzato è al governo.  Perché c'è un detto nel Tennesse, "Prendimi in giro una volta e vergognati. Tu mi hai preso in giro e non succederà più"

Yippie-ka YEah!

 

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