Mettiamo subito in chiaro una cosa: con loro ragiono di cuore, la razionalità può andare a farsi benedire molto velocemente e senza troppi indugi. I Modern Life Is War tornano dopo sei anni di hiatus e annunciano non solo uno show reunion con lineup originale al This Is Hardcore Fest di Philadelphia, ma anche nuovo materiale inedito nelle vesti di “Fever Hunting”?! Tremori, brividi e battiti accelerati. Prossimamente nei manuali di “come farsi venire nel giro di cinque minuti una tachicardia acuta”. E’ inutile dire che sul calendario con l’indelebile rosso avessi cerchiato in modo piuttosto evidente la data del 9 settembre, giorno ufficiale della release del nuovo lavoro dei cinque ragazzi di Marshalltown, Iowa. Nei mesi a seguire lo statement primaverile compaiono solo l’artwork [realizzato da Jacob Bannon], la tracklist composta da 11 pezzi per mezz’oretta scarsa e il riferimento dei God City Studios a Salem con Ballou in cabina di regia.
L’estate è dura da superare, senza alcuna anteprima per giunta. Poi capita l’imponderabile, la casualità. Passeggi per Common Park e vieni notato da un ragazzo per via della tua maglietta dei Converge, ti indica il suo adesivo Deathwish appiccicato immancabilmente sul povero MacBook di turno e incomincia a parlarti, dal nulla. Random talking e salta fuori con la notizia: “oh, non so se conosci, ma oggi son usciti i pre-order per Fever Hunting dei MLIW, te li consiglio”, segue un mio banalissimo “are you kiddin’ me? I love them” e la giornata oramai è svoltata. Avrei tirato fuori molto volentieri un Andrew Jackson dal portafoglio come ricompensa, ma trattengo l’entusiasmo quanto basta. Si tratta solo d’aspettare il tramonto, giungere a casa, andare sullo store Deathwish, scegliere il colore del vinile, digitare per la milionesima volta i dati della carta di credito, aspettare la buona riuscita della transazione e ka-boom: il link 320k per il download immediato compare, come un fulmine a ciel sereno. Beh, ragazzi, che dire, è stato bello, fra un paio di giri di lancette esisterò solo per Jeffrey & Co. Au revoir.
“Old Fears, New Frontiers”: è così che ruggisce Eaton marzialmente, come se fosse un verdetto insindacabile, quattro parole ripetute incessantemente per 1:15, con il resto della band impegnata in un incidere martellante. E’ un intro che ti riporta immediatamente nei primi anni 2000, ti fa capire che nulla è cambiato, i Modern Life Is War sono tornati sul serio e non hanno voglia di recitare la parte dei comprimari, dei follower. Non hanno manco intenzione di fare il tipico disco da reunion, creato per la soddisfazione dei fan sparsi in giro per il globo. La loro visione musicale è unica fin dai tempi di “My Love. My Way.”, il capolavoro “Witness” li ha proiettati nel gotha dell’hardcore punk moderno e “Midnight In America” aveva iniziato un processo d’evoluzione verso un sound più ragionato e controllato. “Fever Hunting” è l’anello mancante, quello causato dallo split del 2007 ed è così che i MLIW riprendono i fili del discorso e ricominciano a tessere le loro trame caustiche e sentimentalmente disperate per dar vita a un lavoro dal sapore old school. No, non si sta parlando di sonorità alla Black Flag o DRI, ma la sensazione che si ha lungo tutto il pattern è questa, il tutto sorretto da una produzione che non pensa minimamente a ingigantire il lavoro fatto, ma semplicemente a restituire l’energia incendiaria che i cinque ragazzi del Midwest riescono a regalare con una naturalezza disarmante. Ecco, “Fever Hunting” è un disco sincero, diretto e colpisce come un pugno sugli incisivi (ndr ispirazione presa da una folgorazione sulla copertina dei La Crisi che mi fissa) lasciandoti dolorante.
Gli anni sono passati e i Modern Life Is War sono maturati, senza ombra di dubbio. Il guitar work della coppia Matt Hoffman (welcome back) e John Paul Eich spazia su più lidi, costruendo intrecci melodici, arpeggi con quel tocco malinconico dirompente che da sempre caratterizza le composizioni del gruppo. Ma quando si tratta di picchiar duro i riff si trasformano e si fanno serrati e velenosi, svelando la doppia anima della band. Quello che però colpisce all’interno dei 32 minuti è la poliedricità della proposta musicale. Il sound ha nel suo DNA una matrice intima e cadenzata che s’alterna sul palcoscenico con degli episodi marcatamente hardcore punk, senza dimenticarne la componente melodica. Nel mezzo c’è spazio pure per rilassarsi (si fa per dire) con una traccia dal sapore di marcio punk rock. Un meltin' pot di elementi che si inseriscono in una cornice di crescendo ritmici, break d’ampio respiro e di variazioni spigolose che ci gettano in un turbine di assalti emozionali grazie anche al lavoro di Tyler Oleson (batteria) e Chris Honeck (basso) che creano un clima prima opprimente e poi catartico. Le atmosfere sono quindi cupe, malsane e si capisce al volo che il mondo urlato con disperazione in “Witness” non è scomparso, ma è solo invecchiato e lo si ritrova in “Fever Hunting”. La ciliegina sulla torta è un Jeffrey Eaton autore di una prova maiuscola, sia dal punto di vista lirico che vocale, dove pare essere ancora il ventenne degli esordi : graffiato al vetriolo e spoken word come se non ci fosse un domani. Un lupo solitario che guida i fidi compagni e cerca l’aiuto del branco in escalation che sfociano, a tratti, in un caos che ben inquadra il pensiero dietro i testi di ogni brano.
La punta della lancia primitiva in copertina è levigata per renderla affilata e killer, ma intelligentemente i nostri si sono raffinati, prediligendo non esclusivamente un assalto frontale, evitando così una scelta banalizzante. In questo modo hanno costruito chirurgicamente il ritorno perfetto, lasciando solo qualche piccola sbavatura per il sentiero, ma dopo sei anni di inattività glielo si può perdonare facilmente. Io, nel mentre, osservando la statua di John Harvard mi rendo conto di essere al terzo ascolto di fila quando Jeffrey esclama “the fever hunt rages on inside my head”, ma non ho la minima intenzione di fermarmi. I Modern Life Is War sono risorti e son delle schegge insaziabili. E, mh, quasi quasi mi sta venendo la tentazione di andare giù a New Bedford a vedere se c’è in giro qualcuno degli Have Heart, sai mai che si possa avere un’altra reunion intelligente di questi tempi.
Carico i commenti... con calma